Referendum indipendenza in Catalogna

Il fuggiasco pavido e il (vano) ricatto all'Unione europea

Il fuggiasco pavido e il (vano) ricatto all'Unione europea

Che fuga ingloriosa. Dopo aver incendiato la Catalogna parlando d'indipendenza e di libertà, come se a Madrid regnasse un regime nazista, dopo aver portato i cittadini alle urne per approvare il referendum e soprattutto dopo gli avvisi del governo a non forzare la mano proclamando l'indipendenza unilateralmente, il presidente catalano Carles Puigdemont è scappato a gambe levate. Insomma, per settimane è apparso come l'ultimo dei duri e puri, l'uomo che metteva i valori in cui crede davanti a tutto. Invece, di fronte all'incriminazione della magistratura spagnola, ha abbandonato il suo posto lasciando soli, e in balìa degli eventi da lui scatenati, i collaboratori, i rappresentanti delle istituzioni di Barcellona e i sostenitori della secessione. Il 30 ottobre della Catalogna ricorda un poco l'8 settembre 1943 dell'Italia, con un re in fuga dalla capitale, che abbandona istituzioni e forze armate alla violenta rappresaglia del vecchio alleato. Puigdemont non è riparato a Brindisi come Vittorio Emanuele III, ma ha scelto Bruxelles, nella speranza di trovare qualche sponda nella capitale del Belgio e dell'Unione europea. Ma nessuno gli ha spalancato le porte. Anzi. Il leader secessionista si è ritrovato da solo, senza sostegno di alcun tipo e il governo belga non sembra molto propenso a concedergli asilo. E Puigdemont, come un pugile suonato a fine carriera, è alla ricerca disperata di un appiglio per non subire il ko definitivo. Nella squallida conferenza stampa di ieri non ha dato molte spiegazioni sul perché sia fuggito e che cosa intenda fare a Bruxelles. Ha persino negato di voler domandare asilo al Belgio, ma parlava come un uomo braccato che è sul punto di chiederlo. «Tornerò in Catalogna quando mi sarà garantito un giusto processo», ha affermato, sottolineando che si aspetta una reazione dell'Unione europea «perché la Spagna calpesta tutti i suoi valori fondanti come democrazia e libertà politica». L'Europa però tace e continua a sostenere il governo spagnolo. Puigdemont è solo. Cerca di giustificarsi dicendo di non aver abbandonato le istituzioni di Barcellona, di non voler sfuggire alla giustizia ma di essere pronto a confrontarsi con essa. Ormai nessuno gli crede, sono solo parole pronunciate da un uomo disperato e in fuga, ma che non rinuncia comunque ad accendere gli animi, tanto da affermare che «se Madrid vuole la violenza è una decisione sua». Facile dirlo quando sei seduto al sicuro a più di 1.

300 chilometri di distanza.

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