Cultura e Spettacoli

Gli italiani? Una banda di ladri Parola di Feltri

Ladruncoli, ladrùcci, ladri e ladroni. Non c'è popolo come l'italico che sappia sfoggiare con disinvoltura tutte le sfumature del furto

Gli italiani? Una banda di ladri Parola di Feltri

Ladruncoli, ladrùcci, ladri e ladroni. Non c'è popolo come l'italico che sappia sfoggiare con disinvoltura tutte le sfumature del furto, dalla corruzione all'evasione fino alla rapina in grande stile (per certe cose ci vuole classe, oltre che forti appoggi politici) come l'assalto alla diligenza delle grandi banche. La banda del buco di Mps insegna. L'Etruria è il nostro Far West. E i banditi mascherati sono tutti fuori.

Il problema è che siamo ladri dentro, noi italiani. Mediterranei per geografia, levantini per civiltà, traditori per natura, evasori per tradizione, abbiamo affinato nei millenni, dall'antica Roma a Mafia Capitale, l'arte eccelsa del latrocinio. Declinata in: bustarelle, tangenti, estorsione, pizzo, malversazione, finanziamenti illeciti... La storia delle ruberie italiche è, al di là dei giochi di parole, ricchissima. Il bello è che i protagonisti (volgarmente: banditi) amano sentirsi furbi. Ecco perché la cosa migliore - anche eticamente - è chiamarli col loro nome. Come fa Vittorio Feltri in un devastante pamphlet che ripercorre la recente storia patria, fra aneddoti irresistibili e dati inoppugnabili, alla luce della maggiore abilità nazionale, ossia rubare: Chiamiamoli ladri, sottotitolo «L'esercito dei corrotti» (Mondadori, pagg. 102, euro 17).

Spiace dirlo, ma l'italiano - sia il cittadino comune che si fa raccomandare dal cognato per saltare la lista di attesa in ospedale, sia il politico che prende la stecca per la concessione edilizia - è un campione di disonestà. Feltri non perdona. Da vecchio cronista (non offenderti, direttore) mette in fila cifre, statistiche, notizie. Impossibile dargli torno. Tra i 28 Stati della Ue come onestà siamo penultimi. Ci supera solo la Bulgaria. E nella classifica di Trasparency International, quanto a corruzione ce la giochiamo con Capo Verde, Ruanda e Ghana. Nello specifico: ben 2 milioni di italiani hanno pagato bustarelle per ricevere favori in ambito sanitario e 10 milioni hanno effettuato visite mediche specialistiche in nero. Non vi basta? Dall'ultimo report della Guardia di Finanza (ma anche molti finanzieri rubano...) un terzo (!) degli appalti pubblici sono viziati dall'illegalità. Bettino Craxi, quando disse che il latrocinio era un male comune, colse nel segno. E a sentire Piercamillo Davigo le cose, dopo Mani Pulite, sono solo peggiorate. Prima si rubava per il partito, e un po' per sé. Oggi per se stessi e, quel che resta, per l'amante (tra i vari capitoli, consigliamo l'attenta lettura di «Storia del furto all'italiana»).

Non se ne esce. Feltri non vuole fare la morale a nessuno. Né pretende di cambiare il Dna degli italiani («Siamo unificati più dalla medesima cultura del furto amministrativo e della tolleranza verso di esso, che dalla lingua», e i pochi onesti che si distinguono passano di solito per fessi). Dice solo che un buon punto di partenza è evitare di addolcire la pillola parlando di «corrotti» e «corruttori», termini che non scandalizzano più. E tornare a gridare: «Ladri!». Essere meno tolleranti con noi stessi, può essere un inizio. E lasciamo in pace lo Stato. Non ha alcun diritto per insegnare la moralità.

Fatti i conti di tasse, imposte e gabelle, il primo a rubare, è lui.

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