Cronaca locale

La bella ladra tradita dalle sue rughe

Colpi a ripetizione nelle gioiellerie milanesi: per la Cassazione, le foto incastrano

La bella ladra tradita dalle sue rughe

È una bella donna, Laila: e anche grazie al suo charme, alla sua aria da signora di buona società, riusciva a muoversi con grazia nelle gioiellerie, facendo abbassare la guardia ai commessi: fin quando, zac!, via il collier, la parure, l'orologio. Ma gli anni passano anche per le belle ladre, e i segni del tempo infieriscono pure su di loro. Così, alla fine, a tradirla, all'alba dei cinquant'anni sono state le borse sotto gli occhi, le rughe affacciatesi inesorabili sul suo volto quasi da attrice. Se in questi giorni Laila finirà in galera, è colpa delle rughe.
Lo ha deciso la Cassazione, mettendo fine al braccio di ferro tra la Procura di Milano e i difensori della bella signora di origine veneziana. A costarle l'arresto sono due imprese messe a segno a distanza di due mesi alla fine del 2015: la prima da Jannelli, la nota gioielleria di via Brioschi, e la seconda insieme a un complice, in una oreficeria di Cusano Milanino, dove avrebbe imboscato sotto la gonna ben quarantaquattro fedi nuziali. Da Jannelli, Laila aveva agito con classe consumata: entra, chiede di vedere un anello, e lascia - dettaglio da professionista - anche un acconto da duecento euro: e al momento di uscire si fa scivolare sotto il foulard una scatola di anelli e diamanti che di euro ne vale oltre ottomila.
Che ci fosse di mezzo Laila, vecchia conoscenza della polizia, la Squadra mobile lo aveva ipotizzato fin da subito. E quando ai titolari dei due negozi viene sottoposto l'album fotografico, la riconoscono: «È lei». Ma il giudice preliminare nel dicembre scorso respinge la richiesta di arresto avanzata dalla Procura. Il riconoscimento fotografico è vago, non basta a mandare una signora in galera. Il pm ricorre al tribunale del Riesame e ottiene ragione una prima volta, ma Laila ricorre in Cassazione e intanto resta libera.
Ma nei giorni scorsi arriva la botta: ricorso respinto, arresto da eseguire. Quanto e forse più delle manette, ad addolorare la bella morettona saranno le motivazioni della decisione: i giudici si convincono che la ladra immortalata dalle telecamere sia proprio Laila perché «il viso emergente dalla foto ritraente l'indagata mostra borse sotto gli occhi e due rughe verticali dal naso al mento, e dalle immagini ritraenti l'autrice del furto si intravedono dette caratteristiche».
La padrona della gioielleria si era limitata a dire che «la donna aveva circa 50 anni», e aveva «capelli castani e lunghi», e che pertanto Laila era «molto simile all'autrice del furto». Ma i giudici di Cassazione (due maschi, se il dettaglio significa qualcosa) vanno più in là, approfondiscono il tema, si studiano le foto e le riprese: e vanno a soffermarsi proprio lì, su quelle borse e su quelle rughe.

Spietati.

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