Controcultura

Passano gli anni e si perde l'"X Factor"...

Da programma rivoluzionario a format troppo tradizionale per attrarre il pubblico dei giovani

Passano gli anni e si perde l'"X Factor"...

Il rito della stagione autunnale della musica ci accompagna ormai da undici anni, tanto tempo. E così X Factor deve essere letto come un classico da equiparare alle manifestazioni sonore più consolidate. Inventarsi del nuovo non è facile. Ci saranno pur sempre le trovate scenografiche di Luca Tommassini: la fantasia creativa di uno dei migliori e più richiesti art director al mondo non si discute, ma dalle rare inquadrature che lo cercano in platea non si capisce perché si vesta così male. Avrebbe bisogno di qualcuno che lo accompagni a fare shopping. E pure le lunghe giacche pezzate di Manuel Agnelli strabordano nel kitsch, a conferma dell'avvenuta mutazione genetica del personaggio, da alfiere della musica alternativa a aspirante showman televisivo. Chiamato nel talent per la competenza in campo underground, l'ex leader degli Afterhours è ormai pronto a recitare la parte di Severus Piton, rimasta vacante, nel prossimo Harry Potter, per bene che gli vada. E Fedez? Necessariamente se stesso, concentratissimo a utilizzare la televisione come un mezzo privato per la sua prossima paternità. Lui e la Ferragni sono la coppia dell'anno, di questo si parla in giro, non certo di musica.

Le donne vanno meglio: Mara Maionchi non si discute per professionismo, sa sempre cosa dice e le si perdona tutto, persino il marcato accento da sciura lumbarda, persino il ricorso eccessivo ai bip, magari per sentirsi più giovane. Levante, infine, scelta per la freschezza sufficientemente autentica, all'inizio fatica a imporre le proprie idee sui tre colleghi ben più navigati, cresce però alla distanza, molto meglio di quanto fece l'anno scorso Alvaro Soler.

Il nuovo X Factor 11 è sempre più nelle mani dei giurati e i concorrenti risultano per ora sotto tono. Non mi pare che all'orizzonte vi sia qualcuno in grado di rinverdire i fasti di edizioni passate. È pur sempre una gara canora, da cui peraltro sono stati eliminati Sem&Stemm, a detta di molti tra i più promettenti, e invece il centro della questione si trasferisce nei battibecchi tra giudici, particolarmente fumantini e accesi, che se le interpretazioni non sono un granché, se ad alcuni concorrenti dovrebbe essere impartito un corso di dizione, almeno le loro bizze garantiscono lo spettacolo.

Superata la boa del decennio, X Factor sta vivendo lo stesso destino di Masterchef: da programma rivoluzionario a format troppo tradizionale per attrarre il pubblico dei giovani, è transitato verso una generazione più adulta che evidentemente lo segue per abitudine, faticando a intravedere gli eredi di Mengoni, Fragola, Michielin e Bravi.

Fino ad alcuni anni fa poteva essere il termometro sullo stato di salute della musica italiana emergente; ora non più, la logica dello spettacolo popolare sceglie altre strade e le canzoni, alfine, risultano un simulacro.

Meno male che c'è Alessandro Cattelan, oggi di gran lunga più famoso dell'omonimo Maurizio. Semplicemente perfetto.

Datelo a lui il Festival di Sanremo.

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