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Brutte coincidenze. Ma forza Italia (quella del calcio)

L'Italia fuori dal Mondiale sarebbe una tragedia nazionale, sportiva ed economica. Ma non lo spartiacque tra vita e morte

Brutte coincidenze. Ma forza Italia (quella del calcio)

L'Italia fuori dal Mondiale di calcio sarebbe una tragedia nazionale, sportiva ed economica. Stasera a San Siro con la Svezia si gioca la partita del dentro o fuori, e considerato come è finita all'andata, partiamo più fuori che dentro. Non sono un esperto di calcio, mi limito a tifare e a constatare che la squadra di mister Ventura è riuscita a smentire, con la sua fiacchezza, anche la massima di Churchill: «Gli italiani giocano a pallone come se andassero in guerra e vanno in guerra come se giocassero a pallone». Perché di guerrieri, in campo, di recente ne abbiamo visiti ben pochi, di generali tantomeno. Non so se sia di brutto presagio, ma proprio in queste ore ricorrono i cento anni dalla battaglia di Caporetto, la disfatta italiana per antonomasia. Speriamo che stasera San Siro sia come il Piave, cioè il luogo dove «non passa lo straniero».

È dal 1958 che non manchiamo ai Mondiali che quell'anno - altra infausta coincidenza - si disputavano in Svezia. Quell'Italia aveva ancora le pezze al sedere, ma stava per entrare in quella favolosa stagione cosiddetta del «miracolo economico» che ci proiettò inaspettatamente nel club dei grandi paesi del mondo. Il '58 fu giusto l'anno del passaggio, e quei calciatori sconfitti nelle qualificazione dall'Irlanda del Nord erano gli ultimi giovani figli della guerra, della fame e della povertà. Ci stava, fu un passaggio di consegne non solo calcistico ma pure sociale.

Oggi non è così. L'Italia che stasera sarà a San Siro, in campo, sugli spalti e davanti alla tv, ha la pancia piena e (quella in campo sicuramente) il portafoglio gonfio. Per questo c'è attesa ma non angoscia. Diceva il saggio Sacchi: «Il calcio è la cosa più importante tra le cose non importanti». O detto alla Trapattoni: «Il pallone è una bella cosa ma non va dimenticato che è pieno d'aria». Quindi tifiamo, speriamo e pure preghiamo perché l'orgoglio è tanta e bella roba. Ma per carità, comunque vada diamo un senso alle cose. A differenza di quella del '58 questa Italia ha ben altri appigli a cui aggrapparsi. Stasera è una partita di calcio, non lo spartiacque tra vita e morte.

E comunque, per rimanere in tema di ricorrenze, sappiamo che dopo Cadorna arriva Diaz e la storia svolta e riparte.

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