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La riscossa dei monarchici: stiamo con il centrodestra

La Consulta dei senatori del Regno riunita alla serata di gala: "Con il re oggi in Italia non si ruberebbe"

La riscossa dei monarchici: stiamo con il centrodestra

La monarchia è tutt'altro che tramontata. I blasonati stanno al passo coi tempi, pur mantenendo quell'idea nostalgica di un'epoca in cui le cose, in Italia, andavano senz'altro meglio. Sabato scorso si è riunita, a palazzo Ferrajoli, nel cuore di Roma, dietro a un affaccio sulla suggestiva piazza Colonna, la Consulta dei senatori del Regno. Novantacinque in tutto, espressione di quegli stessi rappresentanti che Re Umberto II, nel 1948, pregò di non disperdersi, ma di restare a dare una mano alla Repubblica. Persone votate alla causa monarchica, che ancora si ritrovano alla presenza di quello che oggi sarebbe stato il re d'Italia, Vittorio Emanuele di Savoia, che non era presente, si vocifera, per problemi di salute, della consorte Marina Doria e del figlio Emanuele Filiberto.

Tra i presenti anche facce conosciute, come quella di Paolo Thaon di Revel, nipote dell'omonimo ministro della Marina e grande uomo di mare. «Essere nobili, oggi, significa avere nobiltà d'animo», ha tenuto a dire un'invitata durante una diretta Facebook. Insomma, conti e duchi col telefonino. «Perché alla fine - ha chiarito il presidente della consulta, Pier Luigi Duvina - è più nobile un operaio che lavora onestamente, senza rubare, che fa una vita normale e paga le tasse, che chiunque altro». La monarchia si è evoluta. «La differenza con la Repubblica? Un sovrano - ha detto il presidente - viene messo in cima allo Stato per privilegio, senza votazione». Ma l'Italia sarebbe migliore se oggi ci fosse il re? «Sicuramente - ha proseguito Duvina - non si ruberebbe, né si sprecherebbe, come si ruba e si spreca ora. Un esempio? Le regioni sono state fatte perché più si porta il denaro in periferia e più aumenta la corruzione e poi per sistemare le centinaia di politici italiani». Ma chi voterebbero i monarchici oggi? La risposta è quasi scontata. La monarchia strizza l'occhio al centrodestra, quello che vuole l'Italia unita. «Noi - ha proseguito Duvina - votiamo per i partiti che hanno di nascita e ispirazione la democrazia, che vanno per l'unità d'Italia, una e indivisibile, per l'onestà dei politici».

Thaon di Revel ha chiarito che «negli Stati europei, dove c'è ancora una monarchia, il welfare è migliore. Il re è un buon padre di famiglia, quindi ci tiene molto che lo Stato funzioni e ci sia un'etica. Non come dove ci sono scandali legati ai soldi destinati ad aiuti che spesso rimangono anni nei caveau delle banche e non vengono distribuiti».

I monarchici hanno un'idea, riportata nei quaderni della consulta dei senatori del Regno: la Fictio Iuris. Si esamina la tesi che l'assembra Costituente, insediatasi il 25 giugno 1946 e che al massimo poteva avere vita fino al 24 giugno 1947, decise «e non lo poteva fare, di sopravvivere fino al 31 dicembre 1947, per poter emanare la Costituzione».

Insomma, la nostra Carta sarebbe nulla. Eppure non ne fanno una questione di principio. «Gli italiani hanno deciso così», dicono. E ai nobili, blasonati o meno che siano, non resta che continuare a garantire che la storia d'Italia continui a essere ricordata. Chissà, se vi fosse ancora stato il re, in questo Paese come sarebbero andate le cose. Cosa certa è che anche i monarchici si evolvono, rifiutando l'estinzione. Lo ha detto candidamente una canzone, dopo i valzer da carnet.

Tutti si sono scatenati in danze da discoteca, sulle note della grande Gloria Gaynor: «I will survive».

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