Politica

La sinistra anti Matteo ha un nuovo nemico: l'ex compagno Minniti

Attaccato da frondisti e radicali, il ministro si sente isolato. Gentiloni e Renzi: siamo con te

C'è una parte della sinistra a cui la politica del governo sull'immigrazione non è mai piaciuta e che non perde occasione per ribadire il proprio dissenso nei confronti della svolta antiumanitaria dettata dal ministro dell'Interno Marco Minniti.

Un'escalation di critiche espresse da quella galassia poco omogenea di pezzi della sinistra ormai senza un'anima, che non si riconosce più in nulla e che è in cerca di una bandiera con la quale identificarsi. È in quest'ottica di ricerca di un'identità comune che le politiche sull'immigrazione di Minniti, che negli ultimi mesi hanno determinato una sensibile riduzione dei flussi migratori dalla Libia, diventano un facile bersaglio. E di conseguenza Minniti un nemico da combattere. Il ministro è preoccupato e non lo nasconde, tanto da voler chiedere a Renzi se la linea del Pd dell'immigrazione è cambiata per prenderne atto e comportarsi di conseguenza. Anche se poi ieri, pur presente alla Direzione Pd, non ha parlato.

Il segretario dem è sempre più stretto tra due fuochi. Già indebolito dall'esito delle elezioni siciliane, Matteo Renzi è assediato dai duri e puri della sinistra che cercando di spingerlo a cambiare passo sull'immigrazione, ma è anche consapevole che fare marcia indietro su un tema così delicato potrebbe essere un clamoroso autogol in vista delle Politiche. Che effetto avrà su di lui il pressing di Emma Bonino sulla necessità di invertire la rotta sulle politiche migratorie? Qualche giorno fa la leader dei Radicali ha minacciato in un'intervista a Repubblica di voltare le spalle alla sinistra alle prossime elezioni, mandando a monte il progetto di una lista radicale alleata con il Pd, se non cambierà la linea in materia di immigrazione, definendo «inaccettabile» l'accordo con la Libia per fermare gli sbarchi. Un accordo che deve essere messo in discussione, riaprendo la strada alle Ong nel Mediterraneo, oppure addio alleanza, perché dietro al calo dei flussi migratori ci sarebbe solo una «grande bugia»: «Ne sbarcano di meno perché ne muoiono di più e perché ne rimangono di più nel grande buco nero dei centri di detenzione». Una posizione, quella dell'ex ministro degli Esteri, condivisa anche dal presidente del Pd Matteo Orfini, d'accordo sulla necessità di «aggiustare la linea» del governo sui migranti. Critico nei confronti della politica sull'immigrazione anche il senatore del Pd Luigi Manconi, vicino a Giuliano Pisapia, che infatti la scorsa estate non aveva partecipato al voto sulla missione di supporto alle forze di sicurezza libica, e anche Massimo D'Alema, che aveva etichettato Minniti come «tecnico della sicurezza», mentre la questione migratoria è una «grande questione politica». Pezzi di una sinistra in frantumi che cerca un'anima in cui riconoscersi.

Il premier Paolo Gentiloni fa quadrato intorno a Minniti, dando atto che «l'Italia è l'unico Paese che ha una politica sui fenomeni migratori decente in Europa». Bisogna vedere adesso come si muoverà Renzi. Ieri alla Direzione Pd il segretario non ha messo in discussione le politiche del Viminale: sull'immigrazione, è la linea, il governo ha fatto quello che doveva. «Gli sbarchi sono diminuiti, 50mila in meno di un anno. Poi tutti noi sappiamo - ha detto il leader dem - che c'è bisogno di una grande scommessa su Libia e Africa».

Si è parlato di ius soli, il capitolo sulle politiche migratorie è ancora allo studio.

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