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Le superstar della disfatta: il fantasma del gol e quell'arbitro so tutto io

Il disastro di S. Siro ha risolto l'eterno dubbio Meglio un grande centravanti che un grande poritere

di Riccardo Signori

Ci è mancato il gol. E dici poco! Ma cosa avranno ascoltato con le eterne cuffie agli orecchi i nostri presunti eroi: Mettete dei fiori nei vostri cannoni? Si, ci hanno provato. Sfortunati anche. Ma c'è gente che pretende di valere dai 50 ai 100 milioni sul mercato del calcio. E in due partite ha usato la pistola ad acqua.

Mannaggia Ciro, dove hai messo il piede di fata? Nemmeno fossi incappato in qualche gatto nero di passaggio. Però mica male quel signor arbitro! Ha visto la maschera di Bonucci nostro ed ha capito che bisognava medicare la ferita. Due mani (Darmian da scolaretto elementare, Barzagli un po' più furbo) e lui a smanacciare per dire: ma cosa avete visto? Ho visto bene io, nessun rigore. Sì, insomma, l'arbitro sembrava che gradisse i gol solo delle maglie azzurre. Potenza del Carlo Tavecchio presidente, che avrà pur qualche difettuccio, e non ci sta a lasciare la poltrona, ma conosce le vie sue per segnar gol. Tutto sommato meglio dei giocatori. Ha fatto sapere al Gianni Infantino, il presidente Fifa, ovvero quello che conta di più, quanto sarebbe stato carino avere la Var nella partita di andata con la Svezia. E il presidente Fifa ha abbozzato. Ma intanto Mateu Lahoz, l'arbitro spagnolo, gli ha dimostrato che, certo, aveva ragione, ma quanto è meglio non averla in certi casi.

Gol e non più gol: questo il problema che il meraviglioso pubblico di San Siro, 73mila per dare un po' di cuore e coraggio a questa Italia, ha pensato di veder risolto nei novanta canonici minuti. Ciro Immobile ci ha tentato due volte, nel primo tempo, e bisogna dire che un pizzico di fortuna se la meritava. Candreva, invece, non si è scostato mai dalla solita parte del giocatore da allenamento: tiracchia, sparacchia, il cross è un cruciverba che nasce dai suoi piedi e quasi mai finisce nella casella giusta. Immaginate lo scoramento che, pian piano, ha preso gli animi azzurri. Buffon a sbracciarsi vedendo il fantasma della sua ultima partita sempre più chiaro nei contorni. In fondo c'erano tutti gli argomenti per pensare che sarebbe stata l'ultima: Dino Zoff, il totem dei numeri uno azzurri, terminò perdendo proprio contro la Svezia, e lui cominciò la storia azzurra in una partita di qualificazione in Russia tra neve, freddo, campo fangoso e l'affanno di qualificarsi al mondiale francese. La Russia gli portò bene, stavolta sarà la sua croce.

Ecco, allora che lo sbracciarsi suo e il dannarsi di Barzagli, un altro arrivato al capolinea, sono stati segni di un'ultima preghiera a questo gol così nascosto nelle pieghe della partita e così ostile ai piedi dei calciatori nostri. Gli svedesi non sono gran cosa però è bastato un muretto, nemmeno un muro per far rovesciare indietro ogni tentativo di scavalcamento. E c'è da immaginare l'angoscioso interrogativo che avrà preso Jorginho, quando ha messo abilità e guizzo da centravanti acrobatico per scaraventare una palla verso la porta. Sembrava la volta buona ed, invece. Certo, se pensiamo che, in altri tempi, italianizzavamo brasiliani come Altafini ed Angelo Benedicto Sormani ed ora ci dobbiamo aggiustare con Jorginho, capirete perché il gol, questo sconosciuto, si sia fatto beffe del calcio nostro. Gol fantasma e fantasma del gol si sono sovrapposti nell'immaginario collettivo, mentre il collettivo nostro scopriva l'ennesima brutta faccia di una partita senza reti. Ci resta solo il ricordo di un autogol. Quando si dice: è meglio avere un grande portiere o un grande centravanti? Parliamo di gol fatti, che contano più di quelli non subiti. Stavolta ne converrà anche Buffon, il portierone che, ieri sera, ha messo le mani su 2 palloni non proprio avvelenati, ma che per una volta ha scoperto l'inutilità, e non la solitudine, del numero uno. L'ingiustizia del pallone lo ha voluto coinvolgere in quest'ultimo melodramma italiano. Non meritava un addio così. Avrebbe detto Annibale Frossi: 0-0, partita perfetta.

Non questa.

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