Russia 2018

Ancelotti, Mancini, Allegri i sogni nel cassetto azzurro

Oggi il consiglio federale liquiderà Ventura. Di Biagio o Evani traghettatori, poi serve l'uomo della rinascita

Ancelotti, Mancini, Allegri i sogni nel cassetto azzurro

Non ci resta che dire: «Non tutti i mali vengono per nuocere». Ci si aggrappa a tutto, il giorno dopo la seconda storica esclusione dell'Italia dal Mondiale. In un Paese che non ha cultura della sconfitta, l'impresa adesso è sfruttare l'apocalisse per rifondare. Riuscirci sarebbe come vincere la Coppa del mondo, perché la Nazionale aveva già avuto due occasioni per farlo nelle due ultime eliminazioni mondiali al primo turno. Clamorosamente non sfruttate, come ha ribadito la Svezia. Si doveva ricostruire, in realtà si è data una mano di bianco alla facciata all'insegna del «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Così nell'anno in cui si ritirano Francesco Totti, Andrea Pirlo e Gianluigi Buffon, l'Italia tocca il punto più basso della sua storia. La Nazionale è ferma al 2006. Non ci sono eredi della spina dorsale di quella squadra che fu mondiale, lo stesso Gianluigi Donnarumma deve dimostrare ancora tutto. Non siamo riusciti a far nascere gli eredi. Ci siamo giocati due generazioni di calciatori. È questo il vero dramma, non andare in Russia la logica conseguenza.

Però in Italia di sicuro funziona lo scaricabile. E nel calcio è sempre tutta colpa dell'allenatore, del ct. Detto e ridetto che nel caso di Giampiero Ventura non si sbaglia, solo una visione miope può pensare che si debba ripartire dal nuovo selezionatore per sistemare le cose. Eppure molto, se non tutto, si sta riducendo al «totonome» sul nuovo commissario tecnico.

Il posto sarà vacante da questa mattina quando è previsto il contatto tra Ventura e il presidente della Federazione Carlo Tavecchio: dimissioni o esonero con buonuscita da circa settecentomila euro per il ct, più o meno quanto gli spetterebbe fino a giugno. Poi Tavecchio, che continua incredibilmente a non prendere in considerazione l'ipotesi delle dimissioni, prenderà invece tempo, spiegando che la Federcalcio vuole un grande allenatore. Carlo Ancelotti è il nome acclamato a furor di popolo. In Germania scrivono addirittura che sia stato già contattato. Però allo stato attuale delle cose resta difficile: sia perché Carletto aspetta la Premier League, sia perché su questa Federazione avrebbe molte riserve. Le stesse di Massimiliano Allegri, che potrebbe prendere in considerazione la panchina dell'Italia alla fine del campionato e in passato ha già detto di voler fare questo tipo di esperienza. Gettonato anche Roberto Mancini a cui non dispiacerebbe lasciare la Russia per tornare in Italia. Discorso che vale anche per Antonio Conte: il suo ritorno è una suggestione a prescindere dal modo in cui si è lasciato con l'ambiente dopo l'Europeo, ma l'ex ct pensa a un ritorno a «casa» in un club. Poi ci sono gli altri, con Ranieri in testa, che però non sarebbero nomi da rilancio. E nell'attesa ci sarebbe un traghettatore federale: Di Biagio o Evani.

La rivoluzione deve passare dal campo, ma pure dalla scrivania. Serve un dirigente forte. Un Adriano Galliani o un Giuseppe Marotta, per intenderci. Che hanno l'esperienza per muoversi a tutto campo in una casa da sistemare dalle fondamenta. Dai settori giovanili, dove gli allenatori allenano se stessi, si esercitano con i moduli anziché educare la tecnica dei bambini. Dobbiamo ripartire da quei bambini a cui abbiamo rubato il sogno mondiale per tornare a sfornare talenti. Insomma si deve rimettere al centro il pallone e da parte la politica. E per farlo servirebbe pure un ex campione, Tavecchio pensa a Paolo Maldini, che tracci la strada agli Insigne, ai Verratti.

Anche se poi in campo vanno i giocatori. E al Mondiale l'Italia non va perché è in una disperata crisi di talento. Se hai i giocatori, il ct lo possono fare tutti.

A quel punto, da queste parti, ci potremmo sedere sulla panchina azzurra in sessanta milioni.

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