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"Avere un marito fifone mi ha aiutato a combattere contro il terzo incomodo"

"Avere un marito fifone mi ha aiutato a combattere contro il terzo incomodo"

Ho ballato con uno sconosciuto, dice Carolyn Smith. Ma lo dice con il suo solito sorriso, come se davvero stesse facendo la cosa che più le piace al mondo, quella fa da quando aveva quattro anni, bambina nella sua Glasgow: ballare. Ma, dietro quel sorriso, lo sconosciuto di cui parla è il tumore al seno, con cui ha iniziato la sua battaglia nel 2015, e che ora racconta in un libro autobiografico, Ho ballato con uno sconosciuto appunto (pubblicato da HarperCollins Italia).

Carolyn lo chiama «l’intruso», il cancro che ha cambiato la sua vita, ma non la sua anima. Lo ha smascherato senza tabù, senza vergogna, anche in televisione, a Ballando con le stelle, il programma condotto da Milly Carlucci nel quale la Smith è ormai storica presidente della giuria. È arrivata all’edizione numero dieci. Anche con il turbante, quello che ha deciso di sfoggiare appena ha iniziato a perdere troppi capelli sul cuscino, a causa della chemioterapia. «Ho provato la parrucca, ma mi sentivo finta» racconta. Prima c’erano stati altri due azzardi: i capelli rosa e la testa rasata lasciando solo la scritta «Fut» («scusate, è in inglese, molto volgare, significa Fuck u tumor»).

«Da tempo volevo provare a farmi i capelli rosa, ma non avevo il coraggio». Dopo la prima seduta di chemio si è presentata in versione «guerriera rosa» in tv: «Era per dire: guardate donne, è bello. Ma avevo paura della reazione di Milly Carlucci, perché lei ogni settimana ti osserva... Invece quando mi ha visto coi capelli rosa mi ha detto: “Sei bellissima. Perché non l’hai mai fatto prima?”». Poi è stata la volta della scritta «Fut»: «Quando ho perso i capelli hanno continuato a crescere solo quelli della scritta. Non è bello, questo?» dice sgranando gli occhi grandi, luminosi. Carolyn Smith, scozzese, 57 anni dopodomani, marito italiano, Tino (Ernestino Michielotto), da vent’anni, ballerina, coreografa, insegnante di danza di fama internazionale, amatissima dal pubblico televisivo, ha sempre pensato di essere «una Wonderwoman», e si è sempre comportata come tale. In piedi alle 5 del mattino, mai a letto prima di mezzanotte o l’una.

Poi è arrivato «l’intruso»: «Mi ha insegnato ad apprezzare di più il tempo, e la salute. Faccio i controlli ogni anno, quando ho sentito male pensavo: passerà. Ero stanca ma andavo avanti, perché io sono sempre stata presente, anche con 40 di febbre. Questo intruso è stato più forte di me, mi ha detto: “Pensa alla tua salute, siediti”». Seduta per modo di dire, alla Carolyn Smith, diciamo. Senza mai mollare il lavoro, e il sorriso. Affrontando prove dure, che non avrebbe mai immaginato. «Il dottore mi spiegò che la prima conseguenza della chemio sarebbe stata non sentire mani e piedi. E io: “Ma io lavoro coi piedi”. Purtroppo molto presto non li ho sentiti più, anche se non l’ho detto pubblicamente, altrimenti avrei perso ancora più lavoro. È stata dura: non poter danzare e insegnare per me era l’incubo peggiore. Con l’intruso ho dovuto reimparare tutto e ho capito anche perché certi miei allievi non riuscissero a fare cose che prima a me sembravano banali...».

Ha dovuto affrontare i pregiudizi, per esempio delle case di moda che, di fronte alla richiesta di vestiti per comparire in tv, le hanno risposto che lei non era «in target». Così i vestiti se li è fatti fare, e anche i turbanti. Uno, durante una puntata di Ballando, l’ha tolto di fronte al pubblico. Ha dovuto affrontare la morte del padre, senza potere andare al suo funerale perché bloccata da in ospedale. Come ha fatto a non mollare mai, anche sul lavoro? «Sopravvivenza. Orgoglio. Il 95 per cento del mio lavoro era all’estero, ma i medici mi hanno detto: scordatelo. Così quel 5 per cento rimasto ho dovuto difenderlo con le unghie e con i denti, altrimenti l’avrei perso. Amo il mio lavoro, non sono una che sta sul divano a piangersi addosso: l’ho fatto una volta sola, mai più».

Ha dovuto lottare, contro il cancro e contro la concorrenza: «Molti non vedevano l’ora che finissi da parte. Dò fastidio perché dico quello che penso e faccio la differenza con certe coppie mondiali: con poche lezioni riesco a cambiare qualcuno. Sono antieconomica». Nel frattempo ha portato avanti nuovi progetti, come la Sensual dance Fit, le lezioni on line, la Carolyn Smith Dance Academy. Tutto, appunto, con il sorriso (oltre che con l’adorata cagnolina, una yorkshire «piccola e coraggiosa, come me»): «Noi Smith siamo così. Anche la mia mamma e il mio papà, il cui motto era: Sorridi, qualunque cosa succeda. Amavano cantare e divertirsi, anche se intorno c’era un disastro. La famiglia Smith sdrammatizza».

Dai suoi genitori Carolyn ha imparato anche il sacrificio: «Ne ho fatti molti. Per me è un percorso, ma quello che voglio, voglio ottenerlo. Prima ci provo con le buone, poi riprovo, se no ti vado addosso». E in tutto questa battaglia, il marito Tino che cosa faceva? «Sveniva. Prima dell’intruso, lui non riusciva neanche a entrare in un ospedale. Quando ho saputo la diagnosi ero a Londra. Otto giorni di inferno, lavoravo duro ma ero nervosa. Prima di entrare a teatro gli ho chiesto di telefonare al medico; quando l’ho visto grigio in volto gli ho detto: “Allora, ho il tumore? Che cosa devo fare?” E lui: “Come fai a prenderla così alla leggera?”».

Morale: «Ogni volta dovevo tirarlo su io. Credo che, se non avessi avuto lui a fianco, che ha così tanta paura, avrei avuto paura io. Così mi sfogavo da sola. Ma lui era sempre lì. Ora sa anche entrare negli ospedali». A Ballando con le stelle è arrivata quando il giudice che l’ha preceduta, Espen Salberg, suo amico e testimone di nozze, se ne è andato, parlando di lei a Milly Carlucci. Quando l’ha chiamata l’assistente della conduttrice ha pensato a uno scherzo. Poi è andata al colloquio, convinta di rifiutare: «Io sono forte, ma Milly è stata più forte di me. E sono contenta mi abbia convinto». Dice che «con quasi tutti i ballerini» ha «un rapporto stupendo».

C’è intesa anche con gli altri giudici e i concorrenti: «Siamo amici, ci sentiamo: per esempio con Rita Pavone, Ron Moss, Vieri, Panucci, Anna Tatangelo». Giudicare è «molto difficile»: «Sono persone che non ballano, non miei allievi. A volte vedo miracoli. Tanti sono atleti. Quando cominciano sono tutti amici, fanno tutto per gioco. Poi, dopo tre o quattro puntate, le cose cambiano: capiscono le difficoltà del ballo, qualcuno rinuncia e in qualcun altro emerge l’agonismo. Amici amici, ma a volte no...

».

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