Russia 2018

È già lite: troppi stranieri in campo

Salvini e Meloni all'attacco, Renzi non ci sta e se la prende con Ventura e Tavecchio

È già lite: troppi stranieri in campo

Roma - Dal braccio di ferro parlamentare sullo «ius soli» allo stesso tema trasferito sul campo di calcio. Il flop mondiale dell'Italia si riflette in politica, e ad accendere le polveri è il leader del Carroccio Matteo Salvini, che già all'indomani della sconfitta azzurra in terra svedese aveva «sposato» la causa dell'allenatore della Ternana, Sandro Pochesci, autore di una conferenza stampa-show nella quale aveva attaccato i «pariolini» della nazionale, indicando come problema del nostro calcio l'eccessivo numero di stranieri, dalle formazioni primavera alle rose delle prime squadre.

Dopo il disarmante 0-0 di lunedì che ci ha tolto di mano il biglietto per Russia 2018, Salvini ha subito rilanciato con un polemico tweet: «Troppi stranieri in campo, dalle giovanili alla Serie A, e questo è il risultato. #STOPINVASIONE e più spazio ai ragazzi italiani, anche sui campi di calcio. #italiasvezia». E al suo fianco, poco prima di mezzanotte, si è schierata anche la presidente di Fdi Giorgia Meloni. «Fuori dai mondiali - ha sospirato in un post su Facebook - per molti di noi sarà la prima volta da quando siamo nati. E vorrei poter dire che è stata colpa della sfortuna, dell'arbitro o di chissà cosa, ma non è così. Il fatto è che nello sport, come in ogni altro ambito, se punti tutto sugli stranieri e trascuri gli italiani, poi ne paghi le conseguenze. Ora, per favore, ripartiamo dai nostri giovani. Viva l'Italia, anche stanotte».

A replicare provvede Matteo Renzi, che prima attacca Salvini per essersi buttato come «uno sciacallo» sull'eliminazione dell'Italia con «argomenti ridicoli», come secondo Renzi proverebbe la «Francia multietnica campione del mondo nel 1998». Pure l'ex premier, però, dopo il distinguo iniziale riveste i panni da rottamatore e spiega come la triste notte di San Siro «imponga a tutto il movimento calcistico una riflessione, in primis al Presidente Tavecchio e al commissario tecnico Ventura», perché il calcio in Italia «è un'emozione fantastica ma mai come in questo momento ha la necessità di essere totalmente rifondato, a cominciare da come stiamo in tribuna nelle partite giovanili noi genitori fino ai diritti televisivi e alla promozione del calcio italiano all'estero». Insomma, «non partecipare al Mondiale di Russia è una sberla enorme, conclude Renzi, empatizzando poi con il malinconico addio di Gigi Buffon, perché «anche nella disfatta si vede chi è un uomo vero», sospira l'ex presidente del consiglio, forse ripensando al referendum che, quasi un anno fa, lo costrinse a lasciare Palazzo Chigi.

Più prudenti gli altri politici: anche se gli onorevoli inchiodati davanti alla tv saranno stati tanti, quelli che hanno manifestato pubblicamente la propria delusione sono pochi. E alcuni lo hanno fatto da semplici tifosi. Come l'esponente del Pd Dario Ginefra che racconta di aver fatto «un incubo: l'Italia fuori dai mondiali eliminata da una Svezia che giocava un catenaccio all'italiana e con un portiere che non riusciva a tenere in campo una rimessa dal fondo». Toni simili per il capogruppo di Fdi a Montecitorio, Fabio Rampelli, che se la prende col catenaccio della Svezia ma si allinea al suo leader nel criticare «il continuo ricorso agli stranieri» nel calcio nostrano.

Anche tra i presidenti.

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