Cronache

La lunga agonia di Totò Riina Si spegne il boss più crudele

Il Capo dei capi in fin di vita dopo due interventi Orlando concede il permesso di visita ai famigliari

Totò Riina nella fotografia diffusa da Quarto Grado
Totò Riina nella fotografia diffusa da Quarto Grado

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha firmato il permesso di visita per la famiglia, limitato ai figli e alla moglie. Un ultimo atto di pietà per il capo della mafia che di pietà non ne ha mai avuta per nessuno. Simbolo della versione più feroce di Cosa nostra, quella delle stragi, poi diventato - una volta in prigione a scontare 26 ergastoli - anche il simbolo della reazione dello Stato all'offensiva della criminalità organizzata negli anni Novanta.

Le condizioni di Totò (Salvatore) Riina si erano aggravate negli ultimi giorni, ma solo ieri è arrivata la notizia, da fonti non ufficiali, che il padrino è in fin di vita. Tenuto in coma farmacologico nel Reparto detenuti dell'ospedale di Parma, dove è ricoverato da tempo.

Dal Dap, il dipartimento amministrazione penitenziaria, hanno spiegato che negli ultimi giorni era stato sottoposto a due interventi. Dopo l'ultima operazione sono intervenute complicazioni che hanno costretto i medici a sedarlo. Negli ultimi tempi era completamente dipendente dall'aiuto degli infermieri, aveva «difficoltà nel compiere qualsiasi movimento» e non riusciva a parlare normalmente. Il boss però fino a pochi mesi fa era «vigile e collaborante». Dopo l'estate, le sue condizioni sono precipitate.

Il via libera alla famiglia fa pensare che non rimanga molto tempo al boss di Cosa Nostra sottoposto dal 15 gennaio 1993 al regime del 41 bis, il regime di carcere duro riservato ai condannati per reati di mafia, varato proprio durante gli anni di Cosa Nostra guidata da Riina.

Il boss di Corleone ha pianificato le stragi mafiose. La prima, poco conosciuta, quella di Viale Lazio nel 1969 contro il boss Michele Cavatai o. Ultimi, gli attentati del '92 in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e quelli del '93 a Firenze, Roma e Milano. Nello stesso anno l'arresto, dopo 24 anni di latitanza.

Fu proprio Riina a decidere di inaugurare la stagione delle bombe e degli attacchi allo Stato. Il super boss non ha mai lasciato le redini di Cosa Nostra. Tre anni fa, in carcere a Opera, continuava a minacciare di morte i magistrati e prendeva di mira il Pm Nino Di Matteo, che stava indagando sulla trattativa Stato mafia.

Ieri era anche l'87 esimo compleanno del padrino e l'unico segnale arrivato dalla famiglia è un post del figlio su Facebook per la ricorrenza. «Per me tu non sei Totò Riina, sei il mio papà. E in questo giorno per me triste ma importante ti auguro buon compleanno papà. Ti voglio bene, tuo Salvo», ha scritto il terzogenito dei quattro figli del boss e di Ninetta Bagarella. Il post ha ricevuto centinaia di like e commenti. In molti hanno voluto fare gli auguri al padre.

A luglio i suoi legali avevano chiesto il differimento della pena proprio per ragioni di salute. La Cassazione aveva chiesto al tribunale di sorveglianza di Bologna di motivare la carcerazione, facendo presente che anche il boss ha diritto alle cure. Il tribunale spiegò che all'ospedale di Parma Riina avrebbe potuto avere tutta l'assistenza necessaria alle sue condizioni di salute.

Garanzie concesse a un fuorilegge che di concessioni non ne ha mai fatte. Quando ha parlato dal carcere, lo ha fatto per pronunciare sentenze di morte o per minacciare magistrati o rivali.

«Iddio abbia pietà di lui, noi non abbiamo potuto perdonarlo e ci spiace muoia ora che forse si potrebbe arrivare a capire chi gli ha armato la mano per ammazzare i nostri figli, malgrado lui, il capo della mafia, non si sia mai pentito», ha commentato Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili a Firenze, riferendo di aver «parlato con i parenti delle vittime e la risposta è stata il silenzio totale, hanno patito troppo per un uomo che tale non è mai stato».

Claudio Fava, esponente della sinistra siciliana figlio di Giuseppe Fava, giornalista ucciso dalla mafia ha auspicato che Riina non muoia in carcere da detenuto.

«La differenza tra loro e noi è che a noi non serve alcuna vendetta».

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