Stile

«I miei cocktail al caffè che sfidano la tradizione italiana»

Il bartender diventa ambassador Lavazza «È un ingrediente aromatico e versatile»

Andrea Cuomo

Aiuto, c'è un espresso nel long drink. E non è l'errore di un barista a cui si è guastato l'orologio, ma una precisa direzione presa da una disciplina, la cosiddetta mixology, che nella sua continua ricerca di territori inesplorati del gusto e dell'estetica, ha finito per coinvolgere anche il caffè come protagonista di accostamenti originali con alcolici, frutti, aromi e spezie. Insomma, un ingrediente. Tra i bartender che stanno esplorando questa nuova tendenza c'è Dennis Zoppi, 37 anni, che di recente è stato nominato ambassador Lavazza dall'azienda torinese: suo compito, dar vita a creazioni di forte impatto gustativo e visivo che utilizzino anche le pregiate miscele Tierra! Lavazza, quattro monorigini che arrivano dal Brasile e che uniscono qualità, rispetto per l'ambiente e attenzione al sociale.

Zoppi, il caffè nei cocktail. Per noi italiani una specie di sacrilegio...

«Noi italiani siamo molto tradizionalisti quando parliamo di caffè. Associamo questo ingrediente a momenti prestabiliti della giornata. E ci sembra strano immaginarlo in un cocktail».

E invece. Quali sono le caratteristiche del caffè secondo lei più adatte alla mixology?

«L'aromaticità ricercata, che a seconda della provenienza dà toni di nocciola, di frutta secca. L'acidità spiccata. L'amaricante. Le tonalità cromatiche. La texture».

E come mai la mixology non aveva mai scoperto questo tesoro?

«In realtà non è una scoperta ma una riscoperta. Nella miscelazione c'è già un grande drink a base di caffè, l'espresso Martini».

Lei però non si è fermato a questo e ha inventato nuovi drink.

«Certo, come il Noir Noir, che porta il caffè in uno dei grandi classici della miscelazione, il Bloody Mary, che si trasforma in una vinaigrette estratta a caldo in cui l'aromaticità e il corpo intenso della Lavazza Tierra! Brasile si abbina magnificamente al pomodoro».

E gli altri?

«Nell'Italian Tonico miscelo il Lavazza Tierra! Brasile Cold Brew con della tonica aromatizzata al fiore di sambuco. Nella Variante Colada gioco su una doppia struttura tra l'aria del foam e il caviale di Kafa».

Sperimentazione pura?

«Le idee sono già lì. Io sono molto umile. Mi dicono cche sono un visionario ma in realtà per come la vedo io mi limito a mettere insieme i punti».

Troppo modesto, lei che è considerato il designer dei bartender italiani...

«Nella mixology la forma è sostanza, l'estetica è importante. Prendiamo i contenitori: la classica coppetta mi aveva annoiato, sentivo il bisogno di un contenitore più degno, che seguisse l'evoluzione dei prodotti che ci finiscono dentro».

Quanto studio c'è dietro?

«Tanto. Forme, grandezze, steli, impatto della forma e dei materiali sulla temperatura. Forma e sostanza insieme. Perché giustamente le persone a parità di contenuto apprezzano di più il bello rispetto al meno bello».

Lapalissiano. Parliamo di ghiaccio. Anche lei come molti bartender illuminati gli dà sempre più importanza?

«Il ghiaccio è fondamentale, può far risaltare alcuni gusti o sopirne altri. C'è ghiaccio e ghiaccio. Quello di buona qualità permette una diluizione calcolata. E la diluizione allunga la vita del drink».

Qual è il suo preferito?

«Il ghiaccio deve essere cristallino, meglio se un unico grande cubo che dà le performance migliore. Sto lavorando a un ghiaccio con acqua di betulla o con acqua di gingko biloba».

Lei è considerato un mago dell'ice carving, l'antica tecnica di intaglio del ghiaccio».

«Sì, ma negli ultimi tempi sono andato oltre. Il mio obiettivo è quello di sostituire il ghiaccio anche per ragioni di sostenibilità».

E via, verso nuove avventure. Senza ghiaccio.

Ma con tanto tanto caffè.

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