Cronache

Immigrazione clandestina, il "circo" a processo

Sgominata organizzazione di circensi che, con la compilicità di un dipendente della Regione Sicilia, faceva entratre i migranti spacciandoli per dipendenti

Immigrazione clandestina, il "circo" a processo

Sotto quei tendoni voluminosi si nascondeva l’ombra del racket, ma la farsa è finita. A Palermo è calato il sipario sulla conventicola di circensi che faceva affari d’oro con l’immigrazione clandestina. A stabilirlo è stato il gup Nicola Aiello che ha rinviato a giudizio 13 gestori dei circhi con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Per Francesco, Alberto e Claudio Vassallo, Kisham Chand, Davide Rossi, Eleuterio De Bianchi, Mihai Marinescu, Nirmal e Jatinder Singh, Tommaso Fernandez, Pail Harmesh, Muhammad Bilal, Mohammed Islam, Avtar Chandil il processo è fissato il 20 dicembre, davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo. Una vera e propria organizzazione criminale, in contatto con i trafficanti di esseri umani, il cui deus ex machina sarebbe il cinquantaseienne Tommaso Fernandez, direttore del “Circo Vassallo” e consulente di molte imprese di settore.

Fernandez, grazie alle sue conoscenze in materia di gestione del traffico di personale destinato agli spettacoli itineranti, sarebbe riuscito a trovare l’escamotage perfetto per aggirare la normativa sui flussi migratori, architettando un sistema inedito per fare business sulla pelle dei migranti. E non a caso il quartier generale della banda era proprio la Sicilia, regione che - a differenza delle altre - gestisce le deroghe alle quote di ingressi in via esclusiva. Per ogni extracomunitario “assunto”, la banda di circensi incassava 2.000-3.000 euro. Soldi sporchi, soldi che arrivavano dai “signori” del traffico di esseri umani.

E non solo. Bengalesi, pakistani e indiani, dovevano “comprare” alla modica cifra di 15mila euro una falsa autorizzazione all’assunzione nei circhi firmata dalla Regione Sicilia.

Per ottenere le carte false, l’organizzazione poteva contare sulla complicità di un dipendente dell’assessorato al Lavoro della Regione Sicilia, Vito Gambino, che ha chiesto il patteggiamento.

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