Cultura e Spettacoli

La Bigelow ci porta nel cuore della rivolta

di Kathryn Bigelow con John Boyega, Will Poulter, Anthony Mackie, Hannah Murray

La Bigelow ci porta nel cuore della rivolta

Kathryn Bigelow ha la straordinaria capacità di portarti dentro la storia. Senza che tu te ne accorga, ti ritrovi catapultato sulla scena, accanto ai protagonisti, trattenendo il fiato, come se indossassi un visore della realtà virtuale capace di proiettarti all'interno dello schermo. Accade anche in questo intenso, violento, crudo Detroit, città simbolo della crisi economica e delle rivolte razziali. Quelle del 1967, in particolare legate all'episodio dell'Algiers Motel, sono al centro di un dramma in tre atti che fa subito ripensare al suo precedente, magnifico, Zero Dark Thirty per quello scenario di guerriglia urbana che, all'epoca, in soli cinque giorni, costò la vita a quarantatré persone, obbligando anche l'Esercito ad intervenire con i suoi militari. Il tutto, raccontato da una cineasta di grandissimo talento.

Il suo film parte con diverse piste narrative. Quella dei Dramatics, gruppo R&B giunto in città per sfruttare la propria grande occasione di strappare un contratto discografico. Quella di Philiph Krauss (quanto è bravo Will Poulter, meritevole di Oscar), poliziotto razzista che, spalleggiato da alcuni suoi colleghi fuori dalle righe, ha il fucile facile quando si tratta di intimorire gente di colore. Quella di Melvin Dismukes, guardia giurata nera che si barcamena dando una mano ai «fratelli», ma, al contempo, facendo finta di non vedere le violenze su di loro. Strade che finiscono, inevitabilmente, per intersecarsi nel motel, da dove è partito, per scherzo, un colpo di pistola giocattolo e che, invece, scatena, nella caccia al presunto colpevole, un brutale, furibondo, lunghissimo, mortale pestaggio che non risparmia anche ragazze bianche. E' il cuore della pellicola, dove la tensione cresce, il respiro è trattenuto, gli occhi rimangono incollati allo schermo. Un racconto incalzante, che non dà tregua, ricco di pathos. Meno riuscito, quasi frettoloso, è l'ultimo segmento, quello del processo dei poliziotti indiziati.

Un film potente, intenso, emozionante, ottimamente interpretato, meravigliosamente diretto.

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