Economia

"Col Referendum saltò l'aumento Mps"

Morelli: "La vittoria del No ha costretto lo Stato a intervenire". Secretata la lista debitori

"Col Referendum saltò l'aumento Mps"

«Nel ringraziarvi volevo invitarvi ad aprire un conto corrente al Monte dei Paschi». Si è congedato così l'ad di Mps, Marco Morelli, dai parlamentari della Commissione di inchiesta sulle banche che ieri lo hanno ascoltato insieme al presidente Alessandro Falciai.

Quattro ore di audizione, secretata più volte nel corso dei lavori soprattutto per la parte relativa alla lista dei primi 100 debitori dell'istituto consegnata dai vertici del Monte, sono servite per ricostruire l'ultima tappa del lungo viaggio che ha portato la banca dallo sciagurato acquisto di Antonveneta ad avere lo Stato come azionista di controllo con quasi il 70 per cento. Proprio sul piano di salvataggio privato, naufragato a fine 2016,

Morelli ha chiarito che a far fallire quell'aumento di capitale è stato l'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre dell'anno scorso con il concorso della mancata proroga, chiesta invano alla Bce di prolungare l'operazione a gennaio, periodo per altro più favorevole per gli investimenti rispetto alle settimane a ridosso delle festività natalizie. «Il quadro istituzionale è un elemento discriminante per un investitore» e «quello era un momento in cui c'era assoluta incertezza su quale sarebbe stato il quadro istituzionale» futuro del Paese, «di conseguenza nessun investitore decide di andare avanti», ha osservato Morelli.

L'ad ha anche ammesso che «il ritorno della banca a una redditività sostenibile e al recupero di quote di mercato non possono essere realizzati in breve tempo». Pesano anche degli impegni presi in cambio del salvataggio pubblico che «limitano la flessibilità operativa e gestionale» e condizioneranno anche nei prossimi anni, almeno fino alla fine del piano industriale presentato il 5 luglio scorso, le scelte manageriali. Fra l'altro, ha rincarato la dose, il divieto imposto a Monte Paschi dalla Commissione europea di prevedere incentivi a manager e personale per la realizzazione del piano di ristrutturazione «espone la banca al rischio di non centrare gli obiettivi» e di vedere le professionalità della banca attratte altrove, come «è già successo».

Di certo l'amministratore delegato è stato riconfermato insieme a Falciai al vertice del Montepaschi nella lista depositata dal Tesoro in vista dell'assemblea del 18 dicembre che dovrà approvare la composizione del nuovo cda post intervento statale. Un elenco all'insegna della continuità con sei conferme su dodici. In generale, molti professori universitari, addirittura un ex rettore (quello di Siena, Angelo Riccaboni), molti avvocati-docente come Nicola Malone che è anche pratico di cda visto che siede già in quello di Enav, altra società controllata dal ministero dell'Economia e vanta nel curriculum anche incarichi di commissario straordinario e liquidatore di cooperative su designazione del Mise. Mancano gli esperti di banca tout court che non spuntano nemmeno dalla lista delle minoranze targata Generali. Il secondo azionista di Mps (con il 4,3%) ha proposto Marco Giorgino, docente di finanza, Stefania Petruccioli, fund manager della sgr Principia nonchè ex consigliere indipendente del board di Cairo e di Rcs come Giorgio Valerio che della Rizzoli è stato dirigente e ad della divisione Quotidiani.

Valerio, secondo quanto risulta al Giornale, è stato il nome scelto dai fondi stranieri - che avrebbero voluto presentare una loro lista - da una rosa di tre offerta, con diplomazia, da Trieste.

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