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Juventus, Roma & C. La perversione Spagna attrae il nostro pallone

Dalle Furie Rosse a Barça e Atletico: ci fanno soffrire. Poi assistono alle nostre sfide decisive

Juventus, Roma & C. La perversione Spagna attrae il nostro pallone

È come se nel pallone fossimo vittime della perversione Spagna. Di un Paese che si diverte nel farci soffrire, ma lascia poi agli altri il compito di farci fuori. E se tre indizi fanno una prova, allora di dubbi non ne esistono più. Le Furie Rosse ci hanno condannato al playoff mondiale con la Svezia; il Barcellona ha obbligato la Juve ad andare a prendersi in Grecia la qualificazione agli ottavi di Champions; l'ex laziale Simeone si è tolto lo sfizio con l'Atletico Madrid di obbligare la Roma ad aspettare l'ultimo turno per entrare tra le migliori sedici d'Europa.

«Sulla carta i giallorossi battono il Qarabag», ha solleticato il Cholo. Ieri il dirigente Francesco Totti, in una sorta di derby a distanza, non si è tirato indietro: «Dipende tutto da noi». Una verità. E nel caso della Roma quindi la Spagna dovrebbe vedere fallito il suo gioco perverso. Qualche speranza in più ce l'hanno se si pensa alla Juventus. In Grecia fa sempre molto «caldo» anche se l'Olympiacos non ha più niente da dire in Europa, per questa stagione. E però questa Signora sconclusionata si potrebbe anche complicare la vita, e a quel punto chissà che il Barça, già qualificato da primo della classe, non si «diverta» con lo Sporting Lisbona.

E Benatia, che con Totti ha giocato in giallorosso, è ugualmente lapidario: «Se non vinciamo contro l'Olympiacos non meriteremo di passare il turno». È una presa di coscienza, un'assunzione di responsabilità del difensore bianconero che nella notte del dopo Barcellona scuote l'ambiente con un altro carico da novanta: «Se non cambieremo, guarderemo gli altri festeggiare». E alla Juventus non sono proprio abituati.

Anche se si è esaltato uno zero a zero, il primo della stagione, contro un Barça che ha dato l'impressione di non voler affondare il colpo, a tratti irritante nel suo torello messo in scena nella corrida con la Juventus. Rinunciando per un'ora alla sua «banderilla» di punta, Lionel Messi.

Ma la Signora, che si è accontentata di non aver preso gol, non ne ha approfittato perché in Europa è spuntata: tra le prime e le seconde dei gironi, è quella che ha segnato meno gol di tutti, appena cinque. Una miseria se si pensa che Allegri può schierare Higuain, Dybala, Mandzukic e via dicendo. Eppure viaggia alla media di un gol a partita, un dato che se non subisse un'impennata greca da solo sarebbe motivo più che valido per terminare in anticipo la corsa in Europa di Buffon e compagni.

La Juventus rimane padrona del proprio destino, può passare il turno anche perdendo se lo Sporting non dovesse vincere. Però a complicare il tutto ci si mette una settimana in cui la sfida decisiva di Champions si incastra con Napoli e Inter. Allegri non ne fa una questione di calendario, mentre Maurizio Sarri sì. Gli azzurri si giocheranno il futuro in Champions a Rotterdam contro il Feyenoord, ma non dipenderà tutto da loro. Il City deve battere in Ucraina lo Shakhtar, ma quattro giorni dopo Guardiola ha il derby di Manchester contro Mourinho.

Di mezzo c'è Pep, uno spagnolo anche se dichiaratamente a favore dell'indipendenza catalana.

Per ora è ancora Spagna, che nell'Italia del pallone fa rima con perversione.

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