Il Corvetto è "Barrio Brenta" In mano alle gang di latinos
5 Dicembre 2017 - 08:00Arrestati due ecuadoriani, terrorizzavano il quartiere con le rapine. Volevano entrare in una "pandilla"
Una leggenda narra che sotto il Corvetto esista una città sotterranea, un quartiere fatto di cantine tutte in comunicazione tra di loro, e che sia questo il vero regno delle bande, un universo parallelo in cui lo Stato non mette piede. Nell'attesa di capire se ci sia qualcosa di vero, i poliziotti del commissariato Mecenate provvedono a tenere d'occhio, e a ripulire periodicamente, la parte emersa del fenomeno delle gang sudamericane, che da tempo spadroneggiano in alcuni settori del vasto territorio.
Ieri tocca a Geovanny Valencia Morena, detto Loko (si tenga presente che loco in spagnolo vuol dire pazzo) e Alfredo Ortega Suarez, ecuadoriani, 20 e 23 anni. A dispetto della giovane età, sono entrambi vecchie conoscenze del commissariato, legati a figure di spicco della criminalità sudamericana a Milano, coinvolte nel 2013 nella retatona «Amor del Rey» i cui atti costituiscono ancora oggi il più fornito magazzino di conoscenze sulle pandillas. È a quel tesoretto di volti e di storie che gli uomini del commissariato - coordinati dal vicequestore Elisabetta Silvetti - sono andati a frugare quando nell'ultimo anno e mezzo una recrudescenza di rapine e aggressioni ha riacceso l'attenzione sulla zona tra via Brenta e Porto di Mare. Ad allarmare è stato il fatto che per la prima volta nel mirino non fossero finiti solo appartenenti ad altri gruppi, o comunque membri della comunità giovanile sudamericana (cui si aggregano da qualche tempo anche giovani filippini) ma anche cittadini qualunque: come la mamma che sulle scale del metrò di Brenta si vide piazzare un taglierino sotto il naso, o il giovane italiano aggredito in ottobre in via Avezzano, ultima impresa contestata al Loko e al suo compare nell'ordinanza di custodia spiccata dal giudice preliminare Paolo Guidi.
Le indagini si sono mosse con fatica per la palpabile omertà dell'ambiente: nei casi in cui le vittime erano interne alla comunità, alle richieste di informazioni della polizia sono arrivate risposte vaghe e a volte inverosimili. Un appartenente alla band Latin Forever, accoltellato alla mandibola, negò anche l'evidenza, salvo poi ammettere di essere stato minacciato con un coltello per convincerlo a tacere.
Valencia e Ortega non sono inquadrati in una banda, ma delitti e prepotenze erano il curriculum con cui si preparavano a crearne o a scalarne una: «Sono violenti e si stanno attrezzando per avere il rispetto delle altre bande» ha commentato il vicequestore Silvetti.
Ora dovranno rispondere di una lunga serie di accuse di rapina aggravata e lesioni.
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