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Trump chiama Abu Mazen: "Ambasciata a Gerusalemme"

La mossa degli Usa e i timori di Ue, Turchia e Lega Araba Scoppia la rabbia dei palestinesi: «Tre giorni di collera»

Trump chiama Abu Mazen: "Ambasciata a Gerusalemme"

Una giornata tesa, telefonate che rimbalzano tra collaboratori e portavoce, il pressing delle cancellerie europee, le minacce dei Paesi arabi, la stampa schierata a voler intercettare gli umori, il mondo che chiede di sapere, le pressioni degli alleati. La decisione che sta scatenando le ire di tutti i musulmani.

Al centro c'è la Casa Bianca, la volontà di Trump su Gerusalemme capitale. Una bomba diplomatica pronta a scoppiare. Tensioni e minacce, tanto che secondo la Cnn, che cita fonti dell'amministrazione Usa, la decisione potrebbe slittare. A provocare un rinvio rispetto ai tempi previsti sarebbe la discussione all'interno della Casa Bianca in seguito alle troppe pressioni ricevute. In particolare si starebbe valutando come controbilanciare la decisione tenendo conto anche dei palestinesi. Le fazioni che fanno capo all'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) hanno fatto appello a tre «giornate della rabbia» oggi, giovedì e venerdì in tutti i Territori per protestare contro l'intenzione di Trump. Le prime indiscrezioni erano rimbalzate sui giornali e avevano scatenato una tempesta. Ora il presidente americano ha dato seguito agli annunci dei giorni scorsi e ha comunicato al presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen che trasferirà l'ambasciata statunitense da Tel Aviv alla Città santa. Nell'aria c'è preoccupazione e tensione. Paura che quell'equilibrio tanto precario costruito in anni di trattati e tentativi di pace possa traballare e in un soffio frantumarsi. «Il presidente Abbas (Abu Mazen) - sottolinea il portavoce - ha avvertito Trump delle pericolose conseguenze che una simile decisione potrebbe avere sul processo di pace e sulla sicurezza e stabilità della regione e del mondo».

Da Washington in giornata Trump ha avuto colloqui telefonici anche con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e con il re di Giordania Abdallah. Un membro dello staff ha aggiunto che il presidente avrebbe parlato di un «ritardo» nell'esecuzione, ma che non avrebbe cambiato idea sulla scelta granitica di spostare la sede diplomatica Usa nella Città santa.

«Lo status di Gerusalemme rappresenta la linea rossa per i musulmani» ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, evocando una possibile rottura diplomatica con Israele. È di ieri notte la telefonata del presidente francese al capo della Casa Bianca. Emmanuel Macron si è detto «preoccupato» per la possibilità che gli Stati Uniti riconoscano Gerusalemme come capitale di Israele. Il segretario generale della Lega araba Ahmed Abul Gheit, lancia un monito che assomiglia di più a una preghiera disperata: «È un'evenienza pericolosa con ripercussioni non solo sulla situazione palestinese ma in tutta la regione araba». Come dire, un equilibrio che è un attimo spezzarlo. Vladimir Putin, ha telefonato al presidente palestinese per dirgli che Mosca sostiene una ripresa dei colloqui fra israeliani e palestinesi, anche sullo status di Gerusalemme.

Intanto, arriva un ordine dagli Stati Uniti, i diplomatici dello staff del consolato a Gerusalemme non potranno recarsi nella città vecchia, Gerusalemme Est, secondo la comunità internazionale parte della Cisgiordania.

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