Cultura e Spettacoli

La Puglia magica di Mellone per un Natale caldo e pagano

Un fantasy declinato all'italiana, anzi alla tarantina

La Puglia magica di Mellone per un Natale caldo e pagano

Una Puglia diversa, un po' magica. Sospesa tra il presente post industriale e un antico mondo popolato di strane creature come i minuscoli munachicchi, spiritelli antichissimi, a volte simpatici a volte dispettosi.

Questo è ciò che troverete nel nuovo romanzo di Angelo Mellone La stella che vuoi (Luigi Pellegrini editore, pagg. 222, euro 14,99). Si tratta, quindi, di un fantasy declinato all'italiana, anzi alla tarantina. E basterebbe questo a renderlo un esperimento interessante, visto che il nostro è un Paese pieno di miti e storie antiche ma, ormai, siamo abituati a pensare questo genere come appannaggio di scrittori che vengono da lidi più nordici e anglosassoni. In realtà, questa favola moderna è anche qualcosa di più, ed esce dai canoni del genere. La bravura di Mellone è nella capacità di mischiare presente e passato giocando il mitologico e l'archetipo nel quotidiano. Se in Harry Potter c'è il mondo dei babbani e quello dei maghi, nella Puglia stregonesca di Mellone la magia fa proprio irruzione nelle vicende di una classe delle elementari, passa dalla fornace delle acciaierie e va a complicare la vita di un artista della ceramica. Il tutto raccontato con un tono lieve e giocoso, ma con un occhio alla letteratura e con l'uso accorto di tutti i registri linguistici (si cambia regione, però il rimando all'immaginifico Cunto di Giambattista Basile è più che una suggestione). Così la narrazione - che ruota attorno a due bambini che si incontrano in classe, Luce e Lallo, proprio mentre Lallo, otto anni, ha quasi perso la vista per colpa di una antica maledizione - scorre via rapida e divertente, comunque capace di evocare e di insegnare (non solo ai più giovani).

Detto ciò, va ricordato che questa «favola di Natale» (ma a tratti paganeggiante) è il secondo capitolo di una trilogia iniziata con Incantesimo d'amore. Ma valeva la pena di ricordarlo soltanto alla fine, perché spesso nei romanzi in serie è d'obbligo partire dal primo.

Nel caso di Mellone no, fatevi pure tentare da questo e poi recuperate Incantesimo d'amore.

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