Cultura e Spettacoli

Franco Maria Ricci, ottant'anni di libri, labirinti e bellezza

Dopo una vita di successi di gittata transoceanica culminata nel Labirinto di Fontanellato, il labirinto più grande del mondo, compie ottant'anni e viene festeggiato dalla sua città, che per l'appunto è Parma

Franco Maria Ricci, ottant'anni di libri, labirinti e bellezza

Profeta in patria. Franco Maria Ricci è uomo plurifortunato: nato marchese, in un'antica famiglia di proprietari terrieri, con un padre che lo ha spronato a conoscere e una madre che lo ha aiutato a trasformarsi da sognatore in realizzatore, a pochi metri dalla Biblioteca Palatina dove sono conservati i libri di Giambattista Bodoni che sarà il suo maestro di tipografia, con il dono di un gusto supremo, con la capacità di coinvolgere nelle proprie fantasmagoriche imprese editoriali personaggi come Roland Barthes e Jackie Kennedy, Arbasino, Eco, Calvino e soprattutto Borges, dopo una vita di successi di gittata transoceanica culminata nel Labirinto di Fontanellato, il labirinto più grande del mondo, compie ottant'anni e viene festeggiato dalla sua città, che per l'appunto è Parma.
Ieri al Teatro Regio per festeggiare il sommo esteta c'era perfino il per nulla estetizzante sindaco Pizzarotti, perché di fronte al genio innato anche la democrazia deve per un giorno fare buon viso a cattivo gioco. In sala c'erano i talenti da lui lanciati, l'artista Luigi Serafini, il fotografo Massimo Listri, l'architetto Pier Carlo Bontempi che anche prima del Labirinto di Ricci firmava progetti bellissimi e importantissimi però tutti in Francia (un più tradizionale caso di nemo propheta in patria), il pittore Enrico Robusti da lui collezionato, mezza Parma industriale fra cui gli sponsor di sempre Smeg e Scic, Giampaolo Cagnin di Finarte e Annalisa Sassi (Prosciutto di Parma, Fiere di Parma...) che alla fine piangeva dalla commozione come avrei fatto anch'io se non sapessi che un uomo non deve piangere in pubblico. Sul palco c'erano Vittorio Sgarbi, il frutto più prelibato del vivaio FMR, mensile ricciano che negli anni Ottanta meritò la definizione di «rivista più bella del mondo», e Mario Lanfranchi, regista e collezionista che a dispetto dell'anagrafe (30 giugno 1927) ha duettato con l'irresistibile compagno di scena e infine intonato un Happy birthday to you degno di Broadway. Sullo schermo, dopo le parole dal vivo, emergenti dal documentario intitolato Éphémère c'erano Bernardo Bertolucci, altro grande vecchio parmigiano, col suo ricordo di Ricci in Jaguar E, Tullio Pericoli che ne svela una chiave, la dolce insistenza, Inge Feltrinelli che racconta di come fu lei a convincere la marchesa madre a vendere un campo di pomodori per consentire al figlio di aprire la libreria FMR di Parigi.
Sui titoli di coda salivano le lacrime agli occhi e il sospetto che la proposta di Lanfranchi, Ricci senatore a vita, sia involontariamente riduttiva: cosa c'entra un divino marchese con Elena Cattaneo e Mario Monti? Anche definirlo, come faccio spesso io, il più grande parmigiano vivente, rischia di rimpicciolirlo: non bisogna limitare un artefice di tale respiro a questa piccola città declassata e imbruttita (sebbene, almeno stavolta, memore e grata). Vera patria di Franco Maria Ricci è la bellezza, che non ha luogo essendo, potenzialmente, di tutti i luoghi.

Ieri al Teatro Regio il neo-ottuagenario mi ha detto che quello era il suo primo giorno senza bastone, sostegno indispensabile durante un lungo decorso post-operatorio e che fra l'altro lo faceva somigliare all'amato Borges: bella notizia che dirada la malinconia delle rievocazioni e che mi fa pregustare nuovi progetti, nuova bellezza, nuove feste.

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