Cultura e Spettacoli

Una "Prima" mondiale non può essere un evento solo milanese

Le istituzioni hanno snobbato l'apertura della stagione. Un brutto segnale di provincialismo

Una "Prima" mondiale non può essere un evento solo milanese

Maria Elena Boschi, d'Armani vestita, questa volta imbocca l'ingresso principale. Alla cena di gala del dopo Prima della Scala, la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio non opta per ingressi defilati come ha fatto in teatro qualche ora prima: entra a testa alta, al fianco del fratello. A tavola sederà alla sinistra del sovrintendente del teatro Alexander Pereira. Nei saloni della Società del Giardino, dove tradizionalmente si tiene la cena, irrompe lo spirito della Rivoluzione francese, cappelli frigi, coccarde, non è invece giacobino - cosa che noi apprezziamo - il lusso di pietanze dello chef La Mantia e dei vini Bellavista. Dopo le praline da meditazione Amedei c'è spazio per tornare sull'argomento. Perché entrare dal retro? «Qualunque cosa faccia, non va bene. Alla mostra del cinema di Venezia ero stata criticata per il red carpet, dissero che era per le dive. Questa volta l'ho evitato», risponde la Boschi. Si dribbla anche in tema di assenza delle più alte cariche dello Stato. Alla Prima della Scala non c'erano il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro e il Presidente del Senato. Non è un bel segnale. O meglio: è un segnale dei tempi.

«Ci sono io, il Ministro della Cultura e dell'Economia. Avremmo il numero per fare un consiglio dei ministri», ironizza la Boschi. Che dire di un teatro, la Scala, che si regge in gran parte sulle proprie gambe? Dei 123 milioni di budget, più di 80 vengono da ricavi in proprio e dagli sponsor, risorse pubbliche solo per un terzo. Per il 7 dicembre, raccolti 2 milioni e 460.000 euro. Un modello? Un unicum? «La Scala è una delle nostre eccellenze, brava nel trovare un equilibrio fra repertorio conosciuto e proposte non facili da vendere», tra cui Andrea Chénier di Giordano, il titolo del debutto di stagione, assente a Milano da 32 anni. Nel frattempo, il ministro della Cultura Dario Franceschini risponde all'appello del baritono Luca Salsi (Gérard, nello spettacolo), al tavolo contiguo, dicendo che «per le fondazioni liriche abbiamo messo tante risorse nel Fus, 182 milioni, e stiamo cercando di recuperarne altri». «Altri» sta per un fondo creato per gli enti che brillino rispetto agli altri.

Al tavolo centrale, quello dei politici, si parla di «evento milanese. Ecco trionfare l'Italia che non va oltre le Alpi, che teme di pensare in grande quasi ignorasse che senza l'export (spesso all'80%) le nostre aziende chiuderebbero i battenti. No signori, non è solo milanese. La Prima della Scala è un evento internazionale che proietta l'Italia nel mondo, ed è questa la forza del marchio Scala. Il Concerto di Capodanno di Vienna non è un evento viennese: è mondiale, viene seguito da 50 milioni di spettatori tv, e - per inciso - quest'anno sarà condotto dall'italiano Riccardo Muti. A maggior ragione, il palco disadorno rattrista, idem per il parterre senza bagliori e troppo nostrano.

Il concetto di evento extra-milanese è invece chiaro agli artisti. Il protagonista dell'opera, il tenore Yusif Eyvazov lo sa benissimo. E trattandosi della sua prima «Prima», tra l'altro al fianco della moglie superstar Anna Netrebko, aveva una fifa terribile. «Alla Scala c'è il pubblico più esigente che uno possa aspettarsi. Lo spettacolo circola nel mondo. In questi giorni ho convissuto con la paura. Avevo studiato tanto, però è teatro: può succedere di tutto». Ma Eyvazov ce l'ha fatta, ha vinto la sua cocciutaggine, quel suo essere folle e affamato. E' cresciuto a Baku, capitale di un Paese dove fino a dieci anni fa, metà della popolazione viveva sotto la soglia della povertà. Cresciuta in un'ex- repubblica sovietica anche la moglie. Per entrambi, prima il nulla, quindi il bagno di notorietà, potere e denaro. Ora, l'arduo impegno di una non facile vita di coppia, iniziata due anni fa. Anna Netrebko è una leonessa che sta contribuendo all'ascesa del marito, ed essendone in gran parte l'artefice all'occorrenza si defila, ma è vietato rubarle troppo la scena: dove lei è dea incontestata.

«Se non rischi non bevi lo champagne», sorride lui. Il 7, non rischiava granché Luca Salsi, fra i migliori baritoni della sua generazione. Sempre pronto ad alzare la bandiera italiana.

A ricordare, con quella cadenza gustosamente emiliana, che «dobbiamo ripartire dalla cultura».

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