Controcultura

Genio, passione e follie La storia della chitarra che ha dato ritmo al rock

Un libro racconta la "sei corde". Dal dimenticato Lucas a Kirk Hammett che la pagò due milioni

Genio, passione e follie La storia della chitarra che ha dato ritmo al rock

Qual è una chitarra veramente speciale? La Gibson Les Paul Standard del 1959 appartenuta a Peter Green, fondatore dei Fleetwood Mac. Quella chitarra ha una sonorità unica perché ha un pickup che ha il magnete con la polarità invertita. Quella Gibson è poi stata acquistata da Gary Moore e in seguito, nel 2014, dal solista dei Metallica, Kirk Hammett, per quasi due milioni di dollari. Le Rickenbacker di colore naturale a 12 corde, usate dai Beatles (precisamente da George Harrison) e dal leader dei Byrds Roger McGuinn (e la sei corde da John Fogerty dei Creedence Clearwater Revival per il suo tipico swamp rock) restano un simbolo del suono rock degli anni Sessanta. Il loro segreto? Avere le coppie di corde montate al contrario. Questa chitarra, nata nel 1963, finì per prima nelle mani di Suzi Arden, un carneade che aveva uno show a Las Vegas, e poi nelle mani di Harrison; McGuinn la acquistò nel 1964 ma l'originale gli venne rubata, il che non gli impedì di comprarla ancora, e il suo esempio negli anni fu seguito da artisti come Tom Petty o Peter Buck dei Rem. Una celebrazione della cosa più bella del mondo: la chitarra rock, come scrive Steve Vai, è contenuta nel gigantesco libro - ricco di storie, di aneddoti e di foto - La storia della chitarra rock di Luca Masperone e del chitarrista folk blues Stefano Tavernese (Hoepli, pagg. 341, euro 29,50) che è anche un avvincente viaggio nella storia della musica dal blues ai nostri giorni.

Sulla prima chitarra elettrica girano parecchie leggende. È storia la ricerca, negli anni Venti, dell'ingegnere musicista (che lavorava per la Gibson) che sperimenta un pickup in grado di elettrificare gli strumenti a corda ma con scarsi risultati. Si passa poi al 1928, quando si annuncia con enfasi la nascita dello «Stromberg Electro», «dispositivo elettrico capace di produrre e incrementare il volume di qualsiasi strumento a corda». Quindi pare che la prima chitarra elettrica sia stata la Rickenbacker detta Frying Pan (ovvero padella per friggere, per la sua caratteristica forma) inventata da George Beauchamp, che insieme a John Dopyera produrrà le prime chitarre resofoniche. Ma è nel 1936 con la Gibson ES 150, resa popolare dai virtuosismi di Charlie Christian, che la chitarra elettrica si imporrà sul mercato.

Tutti conoscono le star della chitarra, ma ce n'è una completamente dimenticata, Nick Lucas, che negli anni Venti spopolava e incise - con marcato stile ragtime - le prime incisioni per chitarra solista di un artista americano. I grandi rocker, da Eric Clapton a Jimi Hendrix, sono partiti dalle radici del blues. Soprattutto da artisti di strada come il texano Blind Lemon Jefferson e dal grande padre del Mississippi Blues, Charley Patton, che incisero molti classici negli anni Venti accompagnandosi con la chitarra che crea uno sfondo armonico e ritmico per la voce. Ma il vero mito per i rocker è stato Robert Johnson, l'uomo che nella leggenda ha venduto l'anima al diavolo per suonare i blues e che morì a 33 anni il 16 agosto 1938 lasciando un pugno di brani poi ripresi da tutti. Nell'unica foto che lo ritrae elegantemente vestito, Johnson imbraccia una costosa Gibson L-1 acustica, che probabilmente gli è stata data per l'occasione.

Un giorno fu chiesto a Jeff Beck con quale chitarrista gli sarebbe piaciuto duettare. La sua risposta fu Billy Gibbons, l'eccentrico leader degli ZZ Top che possiede chitarre con il corpo ricoperto di pelo di pecora, a forma di Stato del Texas oppure una ispirata alla Jupiter Thunderbird di Bo Diddley. «Così potrei provare qualcuno dei suoi incredibili strumenti!», ha spiegato Beck. La Fender divide con la Gibson le preferenze delle rockstar: Jimi Hendrix ed Eric Clapton sono gli eroi di questo strumento, così come lo è stato - prima di morire precipitando in elicottero - Stevie Ray Vaughan. Quando Stevie Ray aveva 11 anni, suo fratello maggiore Jimmie era già un chitarrista noto. Una sera un membro della band di Jimmie andò a casa sua a prenderlo per un concerto e sentì della musica provenire dall'interno. «Bella questa musica, però ora spegni la radio e andiamo!», disse. «Non è la radio, è il mio fratellino che si esercita», replicò Jimmie, che di lì a qualche anno sarebbe stato soprannominato il «Jimi Hendrix bianco».

Nel volume c'è spazio proprio per tutti, dal country rock dei Flying Burrito Brothers al glam rock di David Bowie passando per le chitarre «acide» californiane di John Cipollina dei Quicksilver Messenger Service del mitico Jerry Garcia del Grateful Dead fino all'hard rock e all'heavy metal. Sul metal c'è un aneddoto davvero curioso. Tony Iommi lavorando in fabbrica perse le falangi superiori di due dita della mano destra e abbandonò la speranza di diventare un «guitar hero». Un giorno il manager della fabbrica gli porta un disco del grande Django Reinhardt, il re gitano della chitarra jazz che aveva una mano fuori uso per l'incendio della sua roulotte. «Se ci è riuscito lui, perché io non dovrei farcela?», si dice gagliardamente Tony. Così prende una bottiglia di detersivo, la scioglie, ne fa una palla, buca la plastica con una saldatrice, la modella con la carta vetrata e costruisce dei ditali per il medio e l'anulare. Non funziona: la plastica scivola sulle corde. Così Tony prende due lembi da una giacca di pelle e li incolla sulla punta dei ditali.

Ora c'è la presa: e il futuro dell'heavy metal.

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