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"Le condizioni di Dell'Utri incompatibili col carcere"

L'ex presidente dei medici penitenziari Ceraudo: "Sbalordito dalla sentenza, la salute prima di tutto"

"Le condizioni di Dell'Utri incompatibili col carcere"

Francesco Ceraudo per circa trent'anni è stato presidente dell'Amapi, l'associazione medici amministrazione penitenziaria e ha guidato l'ospedale del carcere Don Bosco di Pisa, dove sono passati «detenuti vip»: Mario Vallanzasca, Renato Curcio, Adriano Sofri, Francis Turatello e Balduccio Di Maggio, solo per citare i più famosi. Appena pronunciamo il nome di Marcello Dell'Utri mette subito le mani avanti: «Per me non è una questione ideologica, non sono della sua stessa parte politica ma ho letto la disposizione del Tribunale di Sorveglianza e sono rimasto sbalordito».

«Il ministro della Giustizia - prosegue Ceraudo - si riempie la bocca di severità, non vuole fare la figura del debole, ma qui siamo di fronte a un fatto di civiltà. Il carcere produce stress, che incide a livello ormonale determinando la caduta degli anticorpi. Questo fa sì che l'organismo non abbia più i mezzi necessari per contrastare la malattia». Ceraudo entra nello specifico soffermandosi sulla cardiopatia ischemica di cui soffre Dell'Utri, con quattro stent, ipertensione arteriosa e diabete mellito, due fattori di rischio importanti. «È probabile che i periti incaricati dal giudice non conoscano bene le dinamiche carcerarie. Ogni quanto un cardiologo visita i pazienti e quali attrezzature ci sono». Ma vi è di più: «Per legge il consulente nominato dal Giudice di Sorveglianza è tenuto ad acquisire il parere del responsabile dell'Area sanitaria di Rebibbia in merito all'incompatibilità o meno. In questo particolare caso non è stato fatto». Nessuno può dire che «è un problema prima di tutto di sicurezza», ribadisce Ceraudo, perché in passato la Cassazione ha stabilito che la salute viene prima di tutto.

«Su Dell'Utri bisogna intervenire con tutto ciò che ci permette di fare la medicina preventiva prosegue Ceraudo - partendo ad esempio da un monitoraggio Ecg continuo. E non dimentichiamo che il soggetto è affetto da tumore maligno alla prostata. Hanno già programmato un ciclo di radioterapia, che prosciuga l'organismo...».

Il professore ci parla di un episodio che lo ha visto protagonista alcuni anni fa: «Mi chiesero di installare un polmone di acciaio e un rene artificiale all'interno del carcere di Pisa. Mi opposi fermamente e alla fine non fu messo. La salute delle persone ribadisce - deve venire prima di tutto». E su Dell'Utri Ceraudo non ha alcun dubbio: deve uscire dal carcere per potersi curare, al limite in regime di detenzione ospedaliera. «Lo dico per una questione di serietà e prudenza. Ho fatto circa 10mila certificazioni medico legali, quindi ho una certa esperienza. In carcere si deve perdere la libertà ma non tutto il resto».

La scelta di non far uscire Dell'Utri ha un sapore politico più che giuridico. «Ma la civiltà del nostro Paese ricorda Ceraudo si giudica anche da questo caso, tenendo conto di tutti gli aspetti tecnici alla base del quadro clinico». Il professor Ceraudo svela poi un dettaglio importante: «Conosco certi meccanismi che si possono instaurare tra magistrati e consulenti... Mi sento di dire, però, che dei medici liberi, coraggiosi e scrupolosi non potranno mai dire che Dell'Utri, nelle condizioni in cui versa, debba restare in carcere».

«Volutamente conclude non ho preso in considerazione gli aspetti emotivi e psicologici della vicenda, perché la malattia psichiatrica può essere strumentalizzata.

Questa persona, però, ha gravi patologie e di fronte a ciò si deve subito intervenire a tutela della salute».

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