Controcultura

La «Riccanza» non è tutto Però se c'è...

Quando, nel 1985, Bret Easton Ellis esordì con il romanzo Meno di zero, la critica parlò di ultima generazione perduta, senza ideali, pochi interessi tranne quello di spendere soldi in cose inutili, beni di lusso, interventi di chirurgia estetica per migliorare il proprio aspetto secondo gli schemi della moda. Sullo sfondo, alcool e droga.

Non so se Riccanza, il format trasmesso da Mtv a partire dal 2016 che ha riscontrato così tanto successo da convincere la produzione a una seconda serie visibile nelle ultime settimane anche sui canali Sky, possa rappresentare un ulteriore spaccato su quelli che i sociologi definiscono «i giovani d'oggi». Tale esperimento su una fetta di popolazione peraltro risicata, ragazzini che vivono tra agi, vizi e desideri di ogni sorta, purché costosi, suona indubbiamente artefatto. Chissà, forse altrove, forse nei nuovi paradisi fiscali, non certo in Italia - d'accordo, la forchetta tra ricchi e poveri si è allargata al punto da far scomparire la classe media - dove i teenager del presente sono più che altro chiamati a fare i conti con un futuro alquanto incerto e con la prospettiva di avere comunque meno disponibilità dei loro genitori. Non sono tutti Lapo, qualcuno dovrà pure inventarsi la vita.

I genitori qui non esistono. Neppure sullo sfondo. I protagonisti di Riccanza se la spassano allegramente, senza dare conto a nessuno, tra Roma e Milano contornati da uno stuolo di domestici, parrucchieri a domicilio, personal trainer, estetiste. Per le loro feste ordinano il catering da Ciampini, il sabato pomeriggio a spasso per via Montenapo, la notte in discoteca, rigorosamente nel privé, anche se si divertono più a improvvisare il sempiterno karaoke per voci stonate.

I millennial di Riccanza hanno nomi post-televisivi: Elettra, Cristel, Jessica, Farid. Almeno due di loro sono espressione dei nuovi italiani a sangue misto, ma essendo così ricchi non hanno idea di cosa sia lo ius soli. Non sono affatto belli: cicciotelli, impacciati, brufolosi, parlano con accento insopportabile e un lessico ridotto ai minimi termini. La loro sessualità non pare esplosiva, anzi trattenuta e impacciata, ad eccezione dei gay, ben più esuberanti dei loro colleghi etero.

Anche uno chef stellato sarebbe in difficoltà con materie prime di bassa qualità. Se questo è ciò che il 2017 ci lascia in eredità, tocca prenderne atto. Ma saremmo superficiali nel «bollare» i millennials come il semplice prodotto della vita vista in televisione. Forse c'è dell'altro e Riccanza, ben scritto, ritmo asciutto, capacità di sintesi nei tempi perfetti per questo genere di programma, mai più di mezzora, lo va a cercare negli interstizi, lì dove si aprono le crepe della sfrontatezza per lasciare posto alla fragilità del giovane essere umano.

Con accessori diversi, li vedo come gli eredi della signora Warthon quando scriveva L'età dell'innocenza, cogliendola quando si stava per perdere.

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