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Oltre il record di Maradona Questo Hamsik pare Zanetti

Il capitano del Napoli ha raggiunto le reti di Diego ma per fedeltà somiglia a Javier. E quel no a Raiola...

Oltre il record di Maradona Questo Hamsik pare Zanetti

C'è chi diventa idolo perché è un fenomeno con la palla tra i piedi. C'è chi diventa un simbolo per la propria fedeltà. C'è chi entra nel cuore dei tifosi per un gol speciale. E poi c'è Marek Hamisk. Lui è entrato nella storia del Napoli, nel cuore dei tifosi e ha eguagliato un record che sembrava insuperabile, quello di reti con la maglia azzurra che apparteneva ad un certo Diego Armando Maradona. E lo ha fatto dimostrando attaccamento alla maglia e alla città, resistendo ad ogni lusinga sul mercato e diventando un'icona del Napoli. Un simbolo, un modello e anche un esempio per altri calciatori più giovani.

Segnare 115 gol in serie A non è facile. Farlo con una maglia sola è una piccola grande impresa. Marekiaro, com'è stato ribattezzato dai suoi tifosi ce l'ha fatta, raggiunto il mito Diego. Ma guai a fare paragoni blasfemi. Lui per primo, saggiamente, li respinge: «Sapevo che sarei stato in grado di raggiungere questo numero di gol ed è bello che l'abbia finalmente fatto. 115 è un numero importante, sono molto felice, ma l'unica cosa che ho di Maradona è il numero di gol, lui era unico ed eccezionale, una leggenda del calcio napoletano e mondiale», ammette il centrocampista slovacco il giorno dopo il record. Una soddisfazione enorme ma non serviva questo per proiettarlo di diritto nella storia del Napoli. Lui, centrocampista un po' schivo nonostante l'apparenza, con quella cresta da punk che lo caratterizza da sempre, la maglia azzurra se l'è tatuata sulla pelle da tempo. E non tanto perché la veste già da undici stagioni quanto perché ha voluto fortemente continuare a indossarla. Anche a costo di rinunciare ad un ingaggio ben superiore; anche a costo di andare contro al re del mercato, quel Mino Raiola da cui tutti i calciatori bramano farsi assistere. Eppure lui ha detto «no, grazie». Era l'estate del 2011 e il Milan era pronto a fare follie per lo slovacco. Scambio con il brasiliano Pato e super ingaggio per il centrocampista con tanto di ruolo da leader e la possibilità di vincere qualcosa di importante nei rossoneri freschi di scudetto. Raiola, all'epoca suo procuratore, aveva già imbastito tutto e spingeva per portarlo via. Ma lui no, non ha voluto. Ha scelto di restare a Napoli e di sposare il Napoli. E da quel momento il rapporto con il procuratore che fa tremare i dirigenti di ogni squadra si è rotto e interrotto. Adios Mino, non ho bisogno di te.

E così Marek, che ha rifiutato anche altre offerte tra cui il Chelsea, è diventato Marekiaro, da giocatore si è trasformato in simbolo e non è un caso che la fascia da capitano sia costantemente sul suo braccio. Un'icona, più che alla Maradona alla Javier Zanetti, un altro straniero arrivato in punta di piedi e capace di imporsi con il tempo, con il lavoro, l'abnegazione e le indubbie doti di talento. Come l'ex capitano nerazzurro mai una polemica o una parola fuori posto. Un modello, anche di comportamento. Un esempio per i più giovani, come Gianluigi Donnarumma. Lui che sembra succube di un Raiola famelico di super ingaggi, che altro non fa che il suo lavoro (e lo fa bene, probabilmente meglio di tutti), che non è abituato a sentirsi dire un «no» come risposta e che è però così distante da quelli che sono i sentimenti dei tifosi. Hamsik ha saputo smarcarsi dal procuratore, Donnarumma potrebbe seguire il suo esempio e diventare davvero una bandiera del Milan. Come ha fatto Marek con il Napoli dove è amato, venerato e ora nella storia (anche) con il record di Maradona eguagliato e che presto sarà superato. In fondo se scrivere il proprio nome nella storia di un club non è facile per entrare nel cuore dei tifosi può bastare poco.

Magari il coraggio di dire «no, grazie».

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