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I sogni di Nabokov? Il padre assassinato e due calci con Pelé

Fra il 1964 e il ’65 lo scrittore tenne un diario notturno. Ora pubblicato negli Stati Uniti

I sogni di Nabokov? Il padre assassinato e due calci con Pelé

Nella sua quarta vita Vladimir Nabokov giocava a sfottere Sigmund Freud. Nel 1966, a Montreaux, Svizzera, dove si era trasferito dal 1961, Nabokov recitava già la parte dello scrittore più anomalo del pianeta: d'altronde, lui, russo, aveva scritto, in inglese, quella pindarica ode della pedofilia che è Lolita. E aveva già scritto il più strampalato - e raffinato - romanzo del Novecento, Fuoco pallido. «Penso che sia un uomo rozzo, ritengo che sia medioevale», disse del dottor Freud, con aristocratico cinismo, all'intervistatore, «e io non voglio che un vecchio signore di Vienna con l'ombrello mi infligga i suoi sogni. Io non ho i sogni che egli narra nei suoi libri».

Nabokov amava raccogliere farfalle per studiarne l'effimera perfezione, godeva nel creare irrisolvibili problemi per il gioco degli scacchi, riteneva di poter dare un ordine matematico, sillabico, al caos. Per questo, divise la sua vita in quattro vite, quasi speculari, sovrapponibili, ciascuna della durata - pressappoco - di vent'anni. La prima vita è quella paradisiaca, in Russia, infranta dagli afrori bastardi della Rivoluzione. La terza vita - dal 1940 al 1961 - è la vita americana. Negli States, Nabokov scrive romanzi di successo e si allena a massacrare i colleghi, riducendo in polvere i titani forgiati dal qualunquismo della critica letteraria. «Brecht, Faulkner, Camus, per me non significano un bel niente, e devo farmi forza per non sospettare un complotto contro il mio cervello quando vedo critici che accettano a cuore leggero come grande letteratura le copulazioni di Lady Chatterley o le pretenziose assurdità di Mr. Ezra Pound, quell'impostore integrale», dichiara. Nel pantheon nabokoviano c'è spazio solo per l'Ulisse di Joyce (purché si getti nel cesso Finnegans Wake, «mi lascia indifferente»), La metamorfosi di Kafka, Pietroburgo di Belyj «e la prima parte della fiaba di Proust, Alla ricerca del tempo perduto».

Tra la prima e la terza vita di Nabokov, la seconda ha per sottotitolo povertà ed esilio a Berlino. «Eravamo incredibilmente poveri... abitavamo in cupe stanze d'affitto a Berlino ovest». A Berlino, nell'aprile del 1925, Nabokov sposa Vera e inizia una nuova vita. Tre anni prima, alcuni fanatici uccidono suo padre, già ministro della Giustizia - progressista - sotto lo zar Alessandro II. A Berlino, alcova di russi in fuga dalla Rivoluzione, Nabokov realizza i primi giochi letterari, aiutato dal poeta Vladislav Chodasevic. Ed è a Berlino che Nabokov è trafitto dal primo prepotente sogno. «Stamattina svegliato da un sogno stranamente vivido: un amico entra e mi dice che è stato informato per telefono che Chodasevic ha terminato la sua vita terrena»: biglietto del 4 giugno 1939, alla moglie. Chodasevic muore dieci giorni dopo. Durante la seconda vita di Nabokov accade un'altra cosa. Nel 1927 un irlandese che ha fatto fortuna progettando i primi biplani al mondo, John William Dunne, scrive un manuale per volare con la mente, An Experiment with Time. A suo avviso, scrive, i sogni non sono reflui onirici provenienti dagli antri dell'inconscio, ma «visioni prolettiche di ciò che potrebbe accadere, la spiegazione efficace del fenomeno del déjà vu». L'idea piace ai letterati di vaglia, Joyce, Thomas S. Eliot, Aldous Huxley e il libro, un tot di decenni dopo, casca tra le braccia di Nabokov.

Nella sua quarta vita, lo scrittore afflitto dalla fama, convinto antifreudiano, decide di ascoltare i sibili di Orfeo e di compilare il proprio libro dei sogni. «In un grande hotel svizzero a Montreux, il 14 ottobre del 1964», Nabokov, insieme alla fida moglie, dà avvio al più folle degli esperimenti romanzeschi: «Ogni mattina, dopo il risveglio, Nabokov annotava i suoi sogni. Nei due giorni seguenti, s'impegnava a cercare nella realtà intorno a lui tracce del sogno annotato». Comparare la propria esistenza onirica con quella reale, come se i sogni fossero la didascalia di eventi venturi: l'avventura dura fino al 3 gennaio del 1965, è raccolta in 118 cartoline dalla scrittura minuta, ossessiva, assira, tirate fuori dalla Berg Collection della New York Public Library e devotamente commentate da Gennady Barabtarlo, prof alla University of Missouri, in Insomniac Dreams. Experiments with Time by Vladimir Nabokov (Princeton University Press, pagg. 224, $ 24.95). Non sappiamo se l'esperimento abbia soddisfatto Nabokov, alchimista della contraddizione («L'esistenza della vita eterna è un'invenzione della codardia umana; la sua negazione, un'autobiografica bugia. Chiunque dica non esiste l'anima né l'immortalità, segretamente pensa, ma, forse?»): a dire di Barabtarlo, però, ha fatto un gran bene alla sua scrittura, fornendo materiale per Ada o ardore, ardito romanzo del 1969.

Già, ma cosa sognava Nabokov? Quanto a ghirigori onirici, il grande romanziere equivale al comune mortale: si va da istanti lirici («il cosmo e le galassie sono una goccia blu sul palmo della mia mano») al canonico incontro con il padre assassinato («attesa, timore, il gelo della felicità, l'ondata dei singhiozzi, in una eccitazione accecante») fino a una pazzesca «resa dei conti con Pelé, su un campo da calcio». Nabokov contro Pelé in un sogno sognato da Nabokov.

Scrittori, armatevi e scrivete, questa non se l'è sognata neppure Borges.

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