Cronache

"Pochi fondi e sistema nel caos. Ma i ricercatori fanno miracoli"

Lo scienziato alla guida dell'istituto Mario Negri di Milano: "C'è da fissare priorità e urgenze. I risultati però arrivano"

"Pochi fondi e sistema nel caos. Ma i ricercatori fanno miracoli"

Soldi mal gestiti, pochi risultati e lobby che sembrano fare il bello e il cattivo tempo all'interno dei laboratori. La ricerca scientifica, oncologica e non, finisce sotto accusa. E il fatto che anche un colosso farmaceutico come la Pfizer abbandoni le sperimentazioni contro Parkinson e Alzheimer mette in allarme medici e pazienti. Ma chi tra provette e microscopi ci lavora da sempre sostiene che le speranze non vadano perse, anzi. E non si tratta di un ricercatore qualunque ma di Silvio Garattini, alla guida dell'istituto di ricerca Mario Negri di Milano.

Garattini, però la vera malata del momento sembra proprio la ricerca scientifica.

«Che ci siano delle anomalie si sa ma non si può generalizzare. I nostri ricercatori fanno miracoli con i pochi soldi che ricevono».

Il solito problema dei finanziamenti: pochi o semplicemente mal gestiti?

«Pochi. I fondi per la ricerca sono l'1,3% del Pil, la metà rispetto ad altri paesi. In Italia ogni mille abitanti abbiamo 2,7 ricercatori, contro una media europea del 5,3. Su 113 miliardi di euro, il sistema sanitario nazionale dà alla ricerca solo lo 0,2%, per di più con ritardo».

Per questo i risultati non sono quelli che tutti noi vorremmo?

«Nonostante questi pochi fondi, i ricercatori contribuiscono molto alla ricerca. Non si pensi che nei laboratori non si combini nulla. Fortunatamente, in ambito oncologico, in Italia abbiamo l'Airc senza cui la ricerca anti cancro non esisterebbe».

Però ci sono ricerche che durano da anni e non arrivano mai a un dunque.

«Magari potessero durare anni. I soldi non bastano. È incredibile come a nessuno importi della ricerca».

Nemmeno ora, in campagna elettorale?

«Finora no ne ho visto uno prendere a cuore l'argomento».

Una delle zavorre che blindano la ricerca è la logica dei brevetti. Cosa ne pensa?

«Noi al Mario Negri non ne abbiamo mai depositato uno. La ricerca è libera e i risultati non devono essere tenuti segreti. Il ricercatore non va valutato in base al numero dei brevetti che deposita o in base al numero delle pubblicazioni ma in base alla conoscenza che produce. E che mette in circolo, a beneficio di altri ricercatori».

Però più controlli sull'iter delle singole ricerche andrebbero fatti?

«Purché non siano burocratici ma sostanziali».

Visto che i soldi sono pochi, andrebbero anche fissate delle priorità sulle ricerche da finanziare?

«Sì, un sistema ben organizzato dovrebbe decidere quali sono le urgenze, le priorità su cui concentrasi. Al momento però ci sono solo i bandi».

E quindi c'è molto spazio per le ricerche finanziate dalle case farmaceutiche.

«Questo però non è sempre un male. Ovviamente servono regole precise e comportamenti etici. Se poi l'industria trae profitto da un farmaco, non è per forza una cosa negativa. Certo, non è etico che un gruppo pubblico universitario recluti dei pazienti per la ricerca in cambio di soldi».

Cosa pensa della rinuncia alle ricerche su Parkinson e Alzheimer da parte della Pfizer?

«Penso che quando le cose sono diventate difficili l'azienda si è ritirata. Ma è normale che uno, dieci, cento esperimenti vadano male. I risultati arrivano dopo una collezione di fallimenti. Pensi ai farmaci contro l'epatite C e a quanto abbiamo aspettato per metterli a punto. Su Parkinson e Alzheimer si continua a lavorare nelle migliaia di laboratori.

Sia quelli finanziati con soldi pubblici, sia privati».

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