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Matteo a De Benedetti: "Merkel ha rotto i c... Juncker è un cretino"

L'Ing consulente e confidente dell'ex premier «Boschi e Padoan spesso a cena a casa mia»

Matteo a De Benedetti: "Merkel ha rotto i c... Juncker è un cretino"

A colazione si decidevano le sorti della politica italiana e si indirizzava l'azione del governo. L'ingegner Carlo De Benedetti, per il premier Matteo Renzi, era molto più di un consulente. Un tutor, si potrebbe dire. Eppure, a leggere il verbale dell'audizione dell'11 febbraio 2016 presso gli uffici milanesi della Consob pubblicato dal Sole 24 Ore, emerge anche un problema di conflitto di interessi. Perché il superadvisor dell'ex presidente del Consiglio era a capo di un grande gruppo editoriale e alla sua famiglia erano (e sono) riconducibili interessi in vari settori economici. Insomma, un capo del governo non eletto con un consulente finanziere.

Per esplicitare il grado di confidenza con Renzi De Benedetti non solo enfatizza il proprio ruolo di «suggeritore» del Jobs Act, ma anche di interlocutore degli sfogli. «Quando Renzi è arrivato a Palazzo Chigi, ha instaurato questa abitudine di vedermi alle sette del mattino e in quelle occasioni si parla un po' di tutto, ma soprattutto di politica italiana oppure di cose della Libia», ha dichiarato riferendo ai dirigenti della Consob alcune valutazioni personali dell'ex premier. «Mi so' rotto i coglioni della Merkel», «non ne posso più dei tedeschi», «Juncker è un cretino», giudizi che De Benedetti cataloga come «cose che fanno parte del suo bagaglio, del suo modo di parlare».

L'Ingegnere è stato un buon consigliere. «Io gli dicevo che doveva toccare, per primo, il problema lavoro e il Jobs Act - qui lo dico senza vanto, anche perché non mi date una medaglia - gliel'ho suggerito io, lui poi è stato sempre molto grato perché è l'unica cosa che gli è stata poi riconosciuta», ha messo a verbale.

Ma da cosa derivava questa consuetudine? «Lui ha chiesto di conoscermi che era ancora sindaco di Firenze e mi ha detto, ci davamo del lei all'epoca: Senta, io avrei il piacere di poter ricorrere a lei per chiederle pareri, consigli quando sento il bisogno. Gli ho detto: Guardi, va benissimo. Non stacco parcelle, però sia chiara una roba: che se lei fa una cazzata io le dico: Caro amico, è una cazzata».

Familiarità minore vi era anche con altri componenti dell'esecutivo renziano. «Sono molto amico di Elena Boschi, ma non la incontro mai a Palazzo Chigi, lei viene sovente a cena a casa nostra Del governo vedo sovente la Boschi, Padoan. Anche lui viene a cena a casa mia e basta. Perché poi sa, quello lì si chiama governo, ma non è un governo, sono quattro persone, ecco». Fornisce poi una spiegazione della parabola discendente di Graziano Delrio (ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio). «Era sembrato un po' troppo popolare, l'hanno mandato al ministero» delle Infrastrutture, aggiunge.

Chiaramente, l'interesse della Consob si concentra sul presunto insider trading, ma l'Ingegnere insiste sulla natura assolutamente lecita delle proprie operazioni nonché dei rapporti personali da cui non avrebbe ricevuto notizie riservate. In primo luogo perché il primo a riferirgli della possibilità di una riforma delle Popolari fu il vicedirettore generale di Bankitalia, Fabio Panetta, manifestando scetticismo. In secondo luogo perché Renzi gli avrebbe testualmente detto accompagnandolo all'ascensore di Palazzo Chigi: «Ah! Sai, quella roba di cui ti avevo parlato a Firenze, e cioè delle Popolari, la facciamo». Insomma, nessuno gli ha parlato mai del decreto e, in seconda luogo, perché la sua finanziaria Romed ha «operatività per 620 milioni di cui 5 milioni solo Popolari, se avessi saputo avrei fatto anche di più» o, per lo meno, non avrebbe acquistato derivati di copertura contro potenziali ribassi. Non è un insider, non è un governo, «sono quattro persone» che parlano a colazione.

Anzi, durante il breakfast.

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