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Venezuela, le prostitute si pagano con il cibo

Tariffe alte e banconote introvabili: i clienti utilizzano farina di mais e razioni statali

Venezuela, le prostitute si pagano con il cibo

San Paolo - «Per una fellatio il termine che usa Paola è più colorito sono due Kg di farina di mais, per un polvo o come dite voi in Italia una sveltina, invece, la tariffa è una cassa Clap», ovvero la razione di cibo che la dittatura di Caracas dovrebbe fornire ogni 15 giorni a prezzi scontatissimi alle famiglie venezuelane povere (ormai quasi tutte) ma che, in realtà, arriva in media ogni 45 giorni.

Sono da poco passate le 6 del pomeriggio nella capitale dell'ex Venezuela saudita che oggi sembra la Bucarest del 1989. Siamo nella centrale via Libertador. Si chiama così in onore al liberatore Simón Bolívar, il padre della patria della rivoluzione chavista, un tempo modello della sinistra planetaria ma oggi neanche più in grado di far lavorare in santa pace le prostitute, donne o trans che siano.

Già perché Paola sembra una donna ma non lo è - a Caracas i travestiti vanno forte e «per loro lavorare in Italia è come laurearsi a Oxford», spiega Don Kulick, massimo esperto al mondo di prostituzione trans è una donna «con il regalo», come chiamano qui quelle come lei.

Di certo c'è che tutte le prostitute/i di Caracas da due mesi hanno affiancato al tariffario in carta moneta anche il listino «Sex for Food». Altrimenti impossibile lavorare e, di conseguenza, mangiare. Già perché a causa di un'inflazione che ormai galoppa verso il 10mila per cento, il bolivar - la moneta locale che la buonanima di Chávez aveva «rafforzato» già a suo tempo togliendole 3 zeri oggi le prestazioni sessuali a pagamento variano da un minimo di 460mila a un massimo di un milione e mezzo di bolivares, il doppio di quanto guadagna al mese l'80 per cento dei venezuelani.

Logico dunque che i clienti siano tutti membri dell'apparato statale e funzionari chavisti arricchitisi, o stranieri. Peccato che con biglietti da cento, mille ma anche da 10mila bolivares (quelli da 100mila sono introvabili) anche «andare a puttane» è diventata una mission impossible perché equivale a portarsi dietro carrettate di banconote. E peccato pure che il massimo al giorno ritirabile dai bancomat - l'ultima trovata di Maduro per trasformare in inferno la vita dei suoi connazionali siano 10mila bolivares. Una miseria perché, per capirci, l'altro ieri sera il cambio di un euro sul mercato nero, l'unico che conta per stabilire i prezzi di tutto escluse le casse Clap, ha superato i 230mila bolivares. Per cui se manca il contante le prostitute di Caracas preferiscono farsi pagare due kg di farina di mais per una fellatio e una cassa di cibo statale per un rapporto completo di un'ora.

Il «Sex for food» è insomma un baratto obbligato sia per le lucciole alla fame sia per i loro clienti.

Al punto che persino Jenny Belson - nome d'arte di una delle escort più belle di Caracas e che offre i suoi servigi solo via internet per l'equivalente di 7 euro l'ora- si dice «disposta a tutto pur di ottenere in cambio una buona cena».

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