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Il medico dei clown folgorato da Togni e Orfei quando era un bambino

Cura gratuitamente i circensi che lo chiamano per un consulto da qualsiasi parte del mondo: «Sono diventato uno di famiglia»

Il medico dei clown folgorato da Togni e Orfei quando era un bambino

Nella sua casa di Castelnuovo Scrivia, in provincia di Alessandria, Giansisto Garavelli ha un trapezio da acrobata appeso al soffitto, una collezione di tigri in ceramica, stampe circensi di ogni tipo e un paio di scarpe da clown originali, preziosissimo regalo di Vladi Rossi, uno degli artisti più famosi della squadra di Cesare Togni. Sono tutti cimeli di cui va fierissimo, ricompense ben più preziose del denaro, ricevute in cambio della sua attività di medico. Sì, perché, siori e siore, Garavelli, 56 anni, è il dottore ufficiale dell'affascinante e sgangherato mondo dei circensi. Quando un acrobata cade si rivolge a lui, quando un artista sta male gli chiede una visita a domicilio nella roulotte. E il suo è il primo numero di telefono che viene chiamato se una donna della carovana inizia le doglie nel cuore della notte. Lui risponde sempre, quando può sale in macchina e si precipita. Quando invece il circo è troppo lontano da lui, prende contatti con le strutture ospedaliere o con gli ortopedici del posto e coordina i soccorsi perché l'acrobata infortunato o il clown malato abbiano tutta l'assistenza del caso. Oppure dice: «Sali sul primo aereo e vieni da me» e, assieme al suo assistente Matteo Maimone, li va a prendere all'aeroporto e li ricovera, ordinando esami di approfondimento e terapie.

«I circensi ovviamente non hanno un medico di base, sono in continuo movimento - racconta Garavelli -. Io di fatto, a titolo volontario, ho creato un'unità-circo che si mette in moto quando hanno bisogno. Ho formato un'equipe che fa riferimento al reparto di medicina interna di Stradella, dove assistiamo i vari casi di malati oncologici». Il «dottor Circo» lavora al centro dipendenze dell'Asst di Pavia, che da poche settimane è anche diventato ufficialmente il punto di riferimento sanitario di tutti i circhi d'Italia.

Il suo primo paziente è stato Nando Orfei con il quale è diventato grande amico. Ed ha anche conosciuto «la zia Moira». «Una volta mi hanno chiamato perché lei stava poco bene. Le ho misurato la pressione ma non voleva. Alla fine ha ceduto e insisteva pure per pagarmi - racconta Garavelli - Io le ho detto che non potevo accettare denaro ma che in cambio avrei volentieri ascoltato qualche aneddoto su Totò e sui film girati con lui. Mi disse che Totò recitava a braccio, mi raccontò dei set. Era simpaticissima. Da quel giorno mi ha considerato il suo medico».

Nel mondo del circo è un attimo che la voce giri, se fai qualcosa lo sanno tutti in un passaparola velocissimo. Così il dottore di Moira Orfei è diventato il medico di famiglia in ogni carovana. «Si figuri - racconta lui, fiero - che mi hanno anche laureato Medico archiatro circense, con tanto di pergamena. E mi hanno fatto anche sostenere una specie di seconda tesi nella sede dell'Ente circhi di Roma. Artisti meravigliosi, hanno creato la laurea ad honorem partendo dalla fotocopia del mio attestato di laurea vero».

Giansisto Garavelli il legame con il circo ce l'ha scritto nel dna. Negli anni Sessanta, gli operai della ditta di teloni Canobbio andavano a montare il tendone nella piazza di Casteluovo Scrivia. E lui, bambino, si metteva lì, accucciato su un muretto a guardarli mentre cucivano le tele cerate e sollevavano le impalcature. Quando aveva sei anni, vide per la prima volta uno spettacolo degli Orfei. «Moira in quel periodo era incinta di Stefano» racconta, dando del tu ai big circensi. E poi la svolta vera. Nel 1974 a Tortona arrivò il circo a tre piste delle «Mille e una notte» dei fratelli Orfei che avevano appena partecipato ad «Amarcord» di Fellini: uno spettacolo da sogno. Subito dopo arrivò il circo americano di Enis Togni. «Il primo stupendo, il secondo un colpo al cuore che mi ha definitivamente folgorato» racconta Garavelli ripescando la magia dei suoi ricordi di bambino. Da quel momento l'amore per il circo gli rimase addosso, incollato come una seconda pelle. E anche nel periodo dell'università, tra un esame di anatomia e l'altro, ogni momento era buono per andare al circo, per trascinare gli amici e spiegare il perché e il per come di ogni numero.

Un giorno, con gli occhi luccicanti, Garavelli raccontò della sua passione per il circo a Vinicio Togni, principe dei cavalli e clown d'argento. «Sì, ti piace il circo perché facciamo festa - si sentì rispondere - Prova ad alzarti come noi alle 4 del mattino a montare e smontare». Il dottore si è presto reso conto che quello circense è un mondo fatto di luci e ombre. I giovani acrobati, che sembrano immortali e fatti di aria fino ai 30 anni, poi convivono letteralmente con le ossa rotte e, pur mantenendo un fisico asciutto e atletico, soffrono di artrosi e magari hanno quattro o cinque ernie. Quelli che saltano sugli elefanti hanno per sempre problemi alle anche e molti artisti già a 40 spesso non sanno più come riciclarsi. Le star della pista, quelle che hanno riscosso chissà quanti applausi e hanno firmato centinaia di autografi, dopo i 50 anni cominciano spesso a soffrire di depressione. Per loro lasciare il lavoro apre una ferita che non si rimargina più. Ma lo spettacolo deve continuare. E i più anziani se ne stanno da soli nella roulotte senza saper bene come rendersi ancora utili alla carovana. «Però - racconta il dottor Circo - ho anche imparato che il mondo del circo racchiude dei valori umani molto forti. Ho trovato un clima da famiglia, ovunque. E poi un'umiltà straordinaria e una dedizione che al di fuori di quel mondo non ho più trovato. Ore di prove, sveglia prestissimo, cadute e nuovi tentativi, fino a quando tutto non è perfetto per andare in scena». «Una volta ho raggiunto il circo ad Alessandria e ho trovato Flavio Togni, famoso clown d'oro, mentre guidava il trattore e montava il tendone. Ha spento il motore ed è sceso ad abbracciarmi. Se tu sei venuto a trovarmi - mi disse - io ti saluto come si deve. Mi sono sentito onorato e colpito da tanta semplicità. Nel circo non c'è gerarchia, tutti lavorano e si spaccano la schiena allo stesso modo». Se chiedi al medico circense cosa pensa della nuova legge che vuole eliminare gli animali dagli spettacoli, lui risponde con una frase che gli hanno detto tempo fa durante una delle serate tra i baracconi: «Il circo è uno sgabello a tre gambe: i clown, gli artisti e gli animali. Se levi una di queste gambe, lo sgabello cade.

E comunque gli animali non sono affatto maltrattati, anche loro sono parte della famiglia».

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