Economia

Primo faccia a faccia fra banche e Bce sul nodo sofferenze

Per Standard&Poor's però resta riservata la "prognosi" di alcuni istituti medio-piccoli

Primo faccia a faccia fra banche e Bce sul nodo sofferenze

L'appuntamento è fissato per le tre di oggi pomeriggio in via Nazionale, sede di banca d'Italia. È qui che si terrà il primo confronto dell'anno tra le grandi banche italiane e il capo della Vigilanza della Bce, Daniele Nouy, per riprendere il dialogo sui crediti deteriorati. La stretta annunciata per gennaio, infatti, è stata rinviata dopo lo stop al cosiddetto «addendum» sulla gestione delle sofferenze arrivato dal Parlamento europeo ma un intervento, sebbene meno oneroso, ci sarà ed è atteso per marzo in coincidenza con il piano Ecofin sui non performing loans. Attorno al tavolo con la Nouy si siederanno i rappresentanti di 15 banche italiane vigilate da Francoforte, il direttorio di Bankitalia, compreso il governatore Ignazio Visco, e i vertici dell'Abi.

Di fronte alla responsabile della Vigilanza dell'Eurotower i banchieri, e le istituzioni di riferimento, si faranno forti del calo delle sofferenze (che alla fine dello scorso mese di novembre ammontavano a 173 miliardi, con un -6,4% rispetto allo stesso dato del 2016) e della recente corsa di molte big (da Mps a Intesa passando da Bpm) a cedere sul mercato altri pacchetti consistenti di deteriorati sfruttando anche l'applicazione dei principi contabili Isfr9 in luogo dei vecchi Ias39, che spostano il calcolo per le svalutazioni dalle «perdite osservate» - e quindi pregresse - a quelle «attese». Partendo da questi presupposti gli istituti potrebbero, dunque, chiedere il riconoscimento dei passi avanti fatti dal sistema e una maggiore tolleranza per quelli ancora da compiere, sottolineando le conseguenze indirette di un'eventuale nuova stretta sui prestiti alle imprese e dunque sulla ripresa economica.

A complicare le richieste di «indulgenza», però, ci si è messa ieri Standard&Poor's: le banche italiane «appaiono più in salute oggi di quanto lo siano stati negli ultimi cinque anni» e registreranno nel 2018 un miglioramento della performance operativa «ma la loro esposizione ai crediti deteriorati e la debolezza strutturale impediscono di generare ritorni soddisfacenti», sostiene l'agenzia americana in report aggiungendo che «la prognosi non è completamente chiara». E ricordando che a fine 2017 gli istituti avevano in portafoglio ancora 275 miliardi di crediti deteriorati, il 17% degli impieghi alla clientela, di cui circa la metà coperta con gli accantonamenti. Le banche piccole e medie restano le più esposte a improvvisi cambiamenti delle condizioni economiche o nella fiducia del mercato. «Alcuni rischi al ribasso potrebbero emergere se il nuovo governo che verrà fuori dalle elezioni di marzo facesse un passo indietro sulle riforme», conclude S&P.

Anche la Bce, dal canto suo, ha ricevuto ieri una tirata d'orecchie. Secondo la Corte dei Conti dell'Unione Europea Francoforte ha istituto un quadro imponente per la gestione delle crisi, ma alcuni difetti devono ancora essere corretti. Gli orientamenti per le valutazioni relative alle misure di intervento precoce, nonchè per le valutazioni «in dissesto o a rischio di dissesto dovrebbero essere migliorati», sostiene la Corte in un rapporto sulle attività di vigilanza delle banche sistemiche svolte dal 2014 a oggi.

Nello specifico, si afferma che le risorse della Bce «per la valutazione dei piani di risanamento delle banche e la vigilanza delle banche in crisi risultano soddisfacenti» tuttavia rimangono «questioni ancora aperte» che «potrebbero ritardare e limitare la condivisione delle informazioni e compromettere l'efficienza del coordinamento» con altere autorità di vigilanza e Comitato di risoluzione unico.

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