Economia

Scossa in Ferrari, sarà anche elettrica

Marchionne: «Se qualcuno fa la supercar verde, saremo noi. E il Suv entro il 2020»

Pierluigi Bonora

Detroit Sergio Marchionne non solo prevede entro il 2025 la metà della gamma di Fca elettrificata, ma va oltre e ipotizza una clamorosa «scossa» anche per Ferrari. Una vera apertura all'elettrico per il Cavallino. «Se qualcuno fa la supercar elettrica quelli saremo noi - afferma il presidente all'Auto Show di Detroit, subito dopo il lancio del nuovo Jeep Cherokee -: o siamo Ferrari o non siamo Ferrari. La faremo perché è dovuto».

Non è escluso, inoltre, che la novità possa essere inserita nel piano industriale del Cavallino che sarà presentato nei prossimi mesi. Per Maranello si tratta di una svolta obbligata, anche se già ora la Casa emiliana propone una supercar ibrida, LaFerrari, un bolide da 963 cv complessivi prodotto in soli 499 esemplari. Marchionne guarda a Porsche (nel 2019 metterà in vendita la Mission E tutta elettrica: 600 cv di potenza, 500 km di autonomia e 15 minuti per ricaricare la batteria), Lamborghini, McLaren e Aston Martin («Andrea Bonomi ha fatto un buon lavoro»).

E sempre a Detroit il numero uno del Cavallino, che lunedì ha definito «tutte menate» le voci che lo vedrebbero interessato a rilevare Ferrari, ha anticipato che il Fuv (Ferrari utility vehicle) di Maranello vedrà la luce entro il 2020.

Fin qui alcuni punti che caratterizzeranno il piano di sviluppo al 2022 («non ho ancora deciso la data dell'Investor Day», ha precisato il presidente) della Casa automobilistica più famosa del mondo. Ma a Detroit a tenere banco continua a essere la riforma fiscale che ha permesso a Fca di investire 1 miliardo di dollari nel Michigan e di premiare i 60mila dipendenti americani con un extra di 2mila dollari.

L'investimento, grazie al quale saranno assunte 2.500 persone, servirà per trasferire entro il 2020 dal Messico agli Usa la produzione dell'heavy duty di Ram, mossa che riduce i rischi del gruppo legati a un cambiamento del Nafta (Donald Trump ha minacciato l'uscita degli Usa se l'accordo di libero scambio con Messico e Canada non verrà rinegoziato a suo piacimento). Quel trasferimento, ha proseguito Marchionne, «era sul tavolo da tempo, ma avevamo bisogno di una valutazione molto chiara del vantaggio fiscale nel farlo. Come costo unitario del mezzo è comunque più oneroso produrlo negli Usa». L'ad di Fca sottolinea, però, come «la riforma fiscale ci ha aiutato a compensare questo aumento».

Che gli operai di Fca negli Usa abbiano preso bene gli ultimi sviluppi a loro favore lo si è visto ieri, quando alcune tute azzurre di Belvidere, la fabbrica nell'Illinois che produce il nuovo Jeep Cherokee, si sono presentate all'Auto Show per una foto accanto a Marchionne e al «loro» Suv (il modello arriverà in Europa dopo la metà del 2018). «Fca si è presa cura di noi, io era stata lasciata a casa quando Chrysler ha dichiarato bancarotta», spiega un'operaia.

E l'Italia? I sindacati continuano a sollecitare chiarezza sugli investimenti e ora anche premi alla forza lavoro come è accaduto negli Usa. La risposta dell'ad: «Se Fca centrerà l'obiettivo e la piena occupazione in Italia entro l'anno, non lo so, dobbiamo prima completare lo sviluppo di Alfa e Maserati. Se riuscissimo a riempire tutti gli impianti con Alfa e Maserati, sarebbe la cosa più intelligente da fare Sulla piena occupazione mi devo vedere con Alfredo Altavilla per capire dove siamo. La produzione di una nuova Jeep in Italia? È possibile».

In Borsa, Fca ha perso il 4,15 per cento, chiudendo a quota 18,73 euro.

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