Cultura e Spettacoli

Dubbi, terrorismo, poco amore "Il Festival racconta il presente"

Baglioni annuncia: «Porterò anche il rap». In gara spiccano Meta/Moro, Annalisa, Ron, Zilli e Gazzé. La delusione Elio

Dubbi, terrorismo, poco amore "Il Festival racconta il presente"

Insomma Claudio Baglioni spiega che le canzoni del suo Festival sono una descrizione del nostro tempo: «Niente slogan, molti dubbi, tante domande». Ma sono anche una descrizione del suo stile, più ragionato che immediato, magari meno radiofonico ma più focalizzato su parole e arrangiamenti. Ieri, come da tradizione, una saletta della Rai in Corso Sempione è diventata la prima passerella dei venti brani in gara al prossimo Sanremo dal 6 al 10 febbraio. Impressione a caldo: nei testi c'è meno amore didascalico e ci sono molte incursioni nell'attualità e nella penombra delle emozioni. Colpisce la straordinaria forza emotiva di Ron che canta l'unico inedito di Lucio Dalla, Almeno pensami (avrebbe dovuto essere incluso in un disco mai uscito): scrittura sopraffina, interpretazione di classe che all'Ariston potrebbe strappare la standing ovation. E poi la vitalità di Non mi avete fatto niente di Ermal Meta e Fabrizio Moro, brano che zampilla dal dolore dopo gli attentati di Barcellona o Manchester per dire che «non mi avete fatto nulla perché tutto va oltre le vostre inutili guerre». Raramente Sanremo (e viene in mente Signor tenente di Faletti) è arrivata così vicina ai confini del dolore e della voglia di reagire.

A proposito di confini: Elio e Le Storie Tese dovrebbero essere a due passi dal fine carriera ma Arrivedorci non è un bell'addio. Manca, in questo brano insolitamente povero di musica, il graffio ironico e surreale dei loro capolavori nonostante si riassumano definendo la loro carriera come «dolcemente stitica ma elogiata dalla critica». Baglioni, che sorridendo si dice «terrorizzato dall'Auditel», ha spiegato di aver provato a «puntare i riflettori sul potere evocativo delle canzoni» e di considerare il Festival alla pari delle rassegne cinematografiche o letterarie. Sulla carta c'è riuscito. Molti film, pardon brani, sono autobiografici come quello di potente e irresistibile rock anni 80 di Red Canzian («Ne ho fatte di soste a pensare») o quello dei Decibel di Enrico Ruggeri che in Lettera dal Duca si immaginano di ricevere una busta da David Bowie, una delle passioni musicali che hanno forgiato la loro vita. Anche Luca Barbarossa guarda indietro alla propria terra cantando in romanesco e facendo venire in mente gli stornelli di Lando Fiorini in Passame er sale: «Passame i sogni, je metto le gambe». Tentativo coraggioso. Le rinate Vibrazioni mescolano una chitarra molto U2 alla inconfondibile e provocatoria voce di Sarcina fedele al proprio stile. Anche Noemi e Diodato con Roy Paci mostrano classe (con un Roy Paci all'apparenza un po' troppo dietro le quinte) così come Enzo Avitabile con Peppe Servillo che, pur citando troppo prevedibilmente Scampia, spiega come si fa una grande canzone d'autore. Così come fa Giovanni Caccamo che nella sua ballata d'amore mostra un'eleganza d'altri tempi. Il suo brano si intitola Eterno, così come il ruolo di Facchinetti e Fogli che nel Segreto del tempo danno un'altra lezione di Pooh (a proposito: anche la voce di Facchinetti sembra eterna). Invece allo Stato Sociale spetta il (piccolo) premio provocazione: in Una vita in vacanza c'è una parolaccia («cogl...») e allusioni in stile Rino Gaetano a «rottamatore», «esodato» e a una vaga voglia di astensione alle elezioni. Infine ci sono i fuori quota. Renzo Rubino fa gara a sé con un brano molto teatrale (Custodire) e Ornella Vanoni è sempre la Vanoni: brividi e complimenti alla classe del brano con Bungaro e Pacifico. Poi c'è la migliore Annalisa di sempre con Il mondo prima di te che cresce strofa dopo strofa con un'intensità da podio sanremese. Infine ci sono le sorprese. Nina Zilli spiazza tutti con una interpretazione raffinata e il Gazzé sinfonico della storia da trovatore provenzale di La leggenda di Cristalda e Pizzomunno canta il testo metricamente perfetto. E se Mario Biondi sarà molto più convincente dal vivo che su disco (testo e arrangiamenti di Rivederti non emozionano), anche in italiano i The Kolors conservano la stessa frenetica capacità di rimanere impressi nella memoria senza stancare.

E non è così facile.

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