Controcultura

«Immaturi», ancor più dei loro figli

Se un film funziona, tanto vale dilatarlo trasformandolo in una serie. Una moda cominciata con Romanzo criminale e continuata con Gomorra; in entrambi i casi molto meglio il prodotto televisivo di quello proposto al cinema. Chi segue le serie tende ad affezionarsi ai personaggi, seguirli nelle loro vite, fare il tifo per l'uno o per l'altro, inserirli nella grande famiglia dei telespettatori.

Questa regola vale anche per Immaturi, il nuovo format di Canale 5 che per ben otto venerdì di seguito (siamo alla seconda puntata) sta sviluppando nei particolari le vicende introdotte nel film di Paolo Genovese, clamoroso successo al box office del 2011, di cui peraltro esiste un sequel nel 12. La storia è nota: per un improbabile errore burocratico, un gruppo di ragazzi maturandi nell'anno scolastico 1994 sono costretti a ridare l'esame di Stato oltre vent'anni dopo. Nel frattempo ognuno di loro ha vissuto la propria vita, tra successi e fallimenti, gioie e dolori: l'orologio che torna indietro può trasformarsi in un gioco divertente ma, allo stesso tempo, diventare fonte di assoluta inquietudine.

Perché, diciamocelo, oggi nessuno, loro quarantenni noi anche più vecchi, sarebbe in grado di «passare la maturità» come bere un bicchiere d'acqua, con la sfrontatezza e l'incoscienza di allora. Un tempo l'esame era molto più semplice, appena due scritti e due orali mentre gli studenti del terzo millennio si devono portare tutte le materie. Proprio come conseguire la patente di guida. Non è affatto uno scherzo, perciò bisogna evitare stupidaggini al volante. Chi si ricorda il significato dei segnali stradali, le regole di algebra o la filosofia dei presocratici? Ben pochi.

Nel nuovo Immaturi. La serie ci sono tutte le vecchie conoscenze che tanto piacquero nei film. Lo scapolo impenitente - il presidente Luca Bizzarri - l'amico tradito, donne insoddisfatte e separate, quello che si è fatto prete rispondendo a una vocazione, il bamboccione - il simpaticissimo Ricky Memphis - che non se ne vuole andare via da casa e mai rinuncerebbe alle polpette della mamma.

Tra i momenti più esilaranti, i nostri eroi hanno bisogno del materiale di cancelleria, vorrebbero ancora il diario di Candy Candy e Jacovitti ma al negozio nessuno sa più chi siano. Nel frattempo si è imposto il linguaggio di sms e WhatsApp, di cui gli adulti abusano senza ritegno alcuno.

Come in una commedia all'italiana di medio livello le loro storie scorrono via senza particolari sussulti o sorprese, con quel filo di buonismo implicito in prodotti di largo consumo. Affiora appena la questione dello scontro generazionale. Meglio i quarantenni o i diciottenni? Meglio i genitori o i figli? Vedendo i più vecchi così irrisolti ci si aspetterebbe che i giovani siano il frutto, il risultato delle loro incertezze: e invece no, per una volta appaiono addirittura più quadrati e saggi.

Se non siamo riusciti a disegnare loro un futuro decente, è probabile si debba prendere lezione da loro.

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