Economia

L'ultimo tram per salvare l'Atac

L'ultimo tram per salvare l'Atac

La disperata vicenda dell'Atac, la società totalmente partecipata dall'amministrazione di Roma Capitale che ha in concessione il trasporto pubblico locale, è l'indice della crisi di un modello gestionale figlio di una cultura antiimpresa. Tipicamente italiana. Dove è forte la resistenza verso tutto ciò che attiene alla sfera del privato. Le amministrazioni delle città preferiscono gestire in proprio i servizi di pubblica utilità traghettando nelle società partecipate tutti i vizi tipici della mentalità statalista. Oggi l'Atac è in concordato preventivo, soggetta a regole precise dopo l'intervento della magistratura.

Ma l'amministrazione pubblica capitolina per evitare (per ora) il fallimento promuove un balletto di annunci in libertà per non affrontare quel che non è più rimandabile: un credibile piano di ristrutturazione che dovrà essere asseverato da un professionista indipendente, accettato dai creditori e dal tribunale. Ma è improbo attuare un piano di rientro in assenza di una mentalità aziendale. Serve privatizzare la gestione di tutti i servizi. Le amministrazioni esercitino il controllo affinché la qualità del servizio sia garantita a tutti. Ciò significa anche dover prevedere contributi pubblici per salvaguardare le tratte non remunerative ma doverose per assicurare a chi vive in zone periferiche l'arrivo puntuale dell'autobus alla fermata, visto che parliamo di clienti/contribuenti.

Chi si riconosce in una visione liberale ha la grande occasione per allacciare un dialogo fecondo con i cittadini, le vittime dei disservizi. Adoperarsi in favore della privatizzazione dei servizi pubblici è una battaglia di civiltà. Non perdiamo questo tram.

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