Cultura e Spettacoli

La nuova ipocrisia di regime se la prende anche con l'arte

I preoccupanti casi delle censure a Balthus e Dana Schultz

La nuova ipocrisia di regime se la prende anche con l'arte

Il politicamente corretto si è trasferito dai comodi ed esclusivi salotti di Manhattan alla vita pubblica. A darci contezza di quanto sia pernicioso questo boldrinismo ecumenico e planetario sono alcune delle più prestigiose riviste conservatrici d'Oltreoceano. E perciò, ora, possiamo finalmente dire che non è più preoccupazione solo di casa nostra, ma tema di dibattito globale. Gli americani sono sfiancati dal non poter liberamente commentare un qualsiasi fatto di cronaca che abbia come oggetto le minoranze, temendo di essere attaccati e di veder ristretti nei termini di violenza ogni più innocua affermazione. Una vera e propria patologia del mondo liberal che ricrea una tirannia uguale e contraria a quella che vorrebbe combattere. Lo dimostra il fatto che a interessarsene sia stata l'Università di Yale, tramite un accurato esperimento di psicologia sociale. E l'esito è stato devastante. I nuovi progressisti sarebbero convinti che le persone di colore, donne o membri della comunità LGBT vivano tutte in uno stato di costante pericolo fisico e perciò loro dovere primario sarebbe difenderli, adottando stilemi e azioni severe e drastiche.

Il 2017 è stato l'anno in cui sono arrivati a censurare anche l'arte. A dicembre, le femministe hanno lanciato una petizione affinché il Metropolitan Museum rimuovesse il dipinto Thérèse Dreaming di Balthus, che ritrae una fanciulla in posa provocante. Qualche mese prima è stato intimato al Whitney Museum di rimuovere Open Casket di Dana Schultz, che ritrae una bara con il corpo sfigurato di Emmett Till, quattordicenne di colore ucciso da due bianchi. E poi, ancora, richieste di chiusure per gallerie d'arte, feroci critiche per video di musica pop e pubblicazioni di vario tipo. Da tutto ciò viene fuori un paradosso. Senza accorgersene, i nuovi progressisti stanno facendo proprio lo schema delle norme prescrittive delle destre più retrive, rifondando un moralismo di stampo positivista su rappresentazioni schematizzate e abbastanza semplicistiche di razza, genere, sesso, eccetera. E in tutto questo l'arte ha rappresentato solo una metafora di quanto accade in profondità.

Il prescrittivismo morale su dipinti, gallerie d'arte e quindi sulle minoranze svela infatti un violento attacco concentrico verso chiunque tenti di evadere dalle rigide norme del politically correct.

Ma soprattutto evidenzia che la connessione tra progressismo e libertà è ormai del tutto aleatoria.

Commenti