Controstorie

«Mio marito trucidato Vivo nel terrore, vado ancora in chiesa»

«Uno dei miei gemelli di 8 anni si è messo a correre passando vicino al terrorista suicida. Un angelo lo ha protetto», ricorda Gihen Gergis Basiri con lo sguardo triste e la voce rotta dall'emozione. La vedova cristiana ha perso il marito, davanti ai suoi occhi, lo scorso anno, quando un terrorista dello Stato islamico ha seminato morte e terrore davanti alla chiesa di San Marco, la più antica di Alessandria. La domenica delle Palme, l'obiettivo fallito delle bandiere nere era uccidere il Papa ortodosso, Tawadros II, che guida la maggioranza dei cristiani d'Egitto. Gihen è vestita di nero e non muove bene un braccio disarticolato dall'esplosione. La sopravvissuta racconta il «martirio» del marito nella stessa chiesa dove l'attentato suicida ha falciato 16 egiziani fra guardie di sicurezza e cristiani compresi bambini. Al suo fianco i due gemelli, Fedi, che significa Salvatore, illeso per miracolo, e Bishoi, che ha cercato di aiutare la madre sanguinante subito dopo l'esplosione.

Cosa è successo la domenica delle Palme?

«La chiesa era stracolma con tanti fedeli all'esterno. Il patriarca ci aveva appena benedetto. Ogni anno, alla fine della funzione, ci ritroviamo con i familiari più stretti al negozio di articoli religiosi non lontano dal cancello d'ingresso della chiesa».

Ricorda qualcosa del terrorista, che si è fato esplodere proprio al controllo di sicurezza?

«Solo che Fedi, uno dei miei figli si è messo a correre passandogli vicino. Sono convinto che il suo angelo custode lo abbia protetto. Poco dopo il terrorista si è fatto saltare in aria, ma il bambino era già lontano. Meno di un minuto prima sarebbe stato dilaniato».

Ci descrive il momento dell'attentato?

«Ricordo un boato fortissimo, tanto fumo e che sono stata scaraventata dalla forza dell'esplosione verso la scalinata della chiesa. Mio marito Ibrahim un attimo prima camminava non molto lontano. Tutto attorno era un massacro: cadaveri fatti a pezzi e feriti che urlavano».

E suo marito?

«A un certo punto mi sono accorta che era disteso davanti a me. Sotto la testa aveva del sangue, i vestiti erano bruciacchiati. Non si muoveva, ma pensavo fosse solo ferito».

E lei era sta colpita?

«Non capivo nulla, ma il braccio era fuori posto. Una scheggia mi ha ferito la guancia e un'altra si è conficcata nella schiena».

Fedi si è salvato per miracolo. E il suo fratello gemello?

«Bishoi era incolume, ma aveva la testa appoggiata a una colonna della chiesa e invocava Dio urlando: Perché hai preso mio padre e mia madre?. Poi si è reso conto che ero ancora viva. Allora è corso cercando la mia borsa per recuperare il cellulare e chiamare aiuto».

Chi l'ha portata in salvo?

«Mina, il figlio più grande, è arrivato di corsa e mi ha caricato sull'ambulanza. È stato lui a recuperare il cadavere del padre. Ho sempre sperato che Ibrahim fosse sopravvissuto. Mi hanno detto la verità quando sono uscita dalla terapia intensiva. E sono rimasta come paralizzata».

Va ancora a messa?

«Ci colpiscono perché siamo cristiani. Per questo, anche se vivo nel terrore dopo l'attentato, continuo ad andare in chiesa».

Fausto Biloslavo

Commenti