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Erdogan: "Ue rispetti promesse. Non parlo lingua dei terroristi"

Il presidente turco difende il suo operato. A Roma incontri blindati: niente stampa

Erdogan: "Ue rispetti promesse. Non parlo lingua dei terroristi"

È un ribadire le linee guida della politica turca dentro e fuori il confine del Paese quello che il presidente Recep Tayyip Erdogan consegna alla Stampa, in un'intervista al direttore Maurizio Molinari alla vigilia della sua visita in Italia, durante la quale incontrerà tanto le autorità di Roma quanto quelle vaticane, per parlare con il Papa soprattutto dello status di Gerusalemme, tema caro a entrambi e in cima all'agenda.

Erdogan chiarisce nell'intervista il punto di vista del Paese sui negoziati con l'Unione Europea, accusando Bruxelles di non "fare la sua parte" e chiededo che mantenga "le promesse fatte". E intanto accusa chi non lo sostiene nella sua campagna militare in Siria. "Non c’è alcuna differenza fra Pkk e Pyd-Ypg", dice riferendosi al Partito dei lavoratori curdo, che da decenni è in guerra con lo Stato turco e alle milizie siriane alleate dell'Occidente, punta di lancia nell'offensiva di terra contro lo Stato islamico nel nord.

Il presidente turco ribadisce un punto su cui la stampa vicina a lui batte dal giorno in cui l'operazione è iniziata, e cioè che i bombardamenti turchi e l'avanzata verso Afrin non hanno fatto morti tra i civili, ma piuttosto che il problema è che "i terroristi usano scudi umani", laddove il suo Paese ha avuto "quattro civili morti e 90 feriti nell'Hatay e a Kilis, per il lancio di razzi".

Nella sua visita a Roma, Erdogan cerca anche accordi per il settore della difesa, in un momento in cui la Turchia sta spingendo con forza per sviluppare alternative nazionali, con in ballo anche il progetto per un primo caccia "made in Ankara".

A chi contesterà il suo arrivo, risponde così: "Non mi rivolgo a chi sostiene il terrorismo ma a chi lo combatte. Con i terroristi mi comporto come ad Afrin, lo faccio perché loro capiscono solo quella lingua, e continuerò a farlo". E nel dubbio a Roma non è previsto nessun contatto con la stampa.

Perché nessuno, come a Parigi, si azzardi a fare domande scomode.

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