Cronache

Space X, partito il bus spaziale Così andremo (forse) su Marte

Il «Falcon» di Elon Musk nella base di Cape Canaveral È il primo vettore privato pensato per trasportare civili

Space X, partito il bus spaziale Così andremo (forse) su Marte

Marte arriviamo. Rinvio dopo rinvio, a causa del meteo avverso, alla fine è riuscito a partire da Cape Canaveral, in Florida, il Falcon Heavy di Space X, il più potente razzo al mondo. È il primo grande missile privato della storia, il Falcon, che parrebbe destinato a orbitare attorno a Marte. Un mezzo che per i non pochi detrattori del suo bizzarro e facoltoso «padrone», Elon Musk, sarebbe solo un tecnologico bluff ma che per qualche entusiasta rivoluzionerà la storia spaziale dell'uomo. L'obiettivo è quello, in futuro, di sbarcare sul pianeta rosso e di portarci anche equipaggi umani, magari privati che pagano un astronomico biglietto. Il lancio era previsto per le 19,30 italiane, poi è stato rimandato dapprima di due ore e poi di un'altra per il fonte vento. Alla fine, i motori si sono accesi e l'attrezzo s'è alzato da terra (guarda le foto). Direzione: lo spazio. Urla e applausi.

Tutto è esagerato e assurdo in questa missione spaziale tra scienza e operetta. Intanto il Falcon Heavy della Space X è il peso massimo dei missili, il più potente vettore mai costruito dall'epoca di Saturn V. Poi lo stesso ha come punto di forza (e di risparmio) il fatto che i primi stadi possano tornare a terra dopo aver condotto all'altezza giusta il cosiddetto «carico pagante» e che quindi possano essere riutilizzati contrariamente a quanto avviene di solito, aderendo così a una concezione quasi low cost delle missioni. E infatti - per tagliare qualche dollaro in più - l'Heavy è realizzato assemblando i booster di tre differenti Falcon 9, che è il modello attualmente in esercizio di Space X, che dovrebbero tornare - se tutto andrà bene - sulla terra in contemporanea, secondo una coreografia astronautica decisamente kitsch ma comunque efficace. Altro coup de théâtre: a bordo non c'è nemmeno un uomo ma l'unico passeggero è un'auto elettrica, la Roadster prodotta naturalmente dalla Tesla, l'azienda automobilistica dello stesso Musk. L'automobile - con un'altra trovata stavolta così smaccatamente anni Settanta - se riuscirà a entrare nell'orbita marziana, accenderà l'autoradio e diffonderà a ripetizione Life on Mars, una delle più note canzoni del «periodo spaziale» di David Bowie.

Il lancio era stato studiato con una liturgia pacchiana ma molto a misura delle non terrene ambizioni di mister Musk. Che è andato avanti malgrado la diffidenza che lo ha accompagnato nello sviluppare tutte le sue idee imprenditoriali - diffidenza peraltro rimpolpata dai rinvii di ieri sera. Lui se n'è fregato ed è riuscito a trasformare in spettacolo anche l'accensione dimostrativa dei 27-motori-27 dei tre stadi del Falcon Heavy, una decina di giorni fa.

Che le possibilità di fallimento della missione siano alte lo ammette la stessa azienda spaziale di Musk. Il quale ha messo le mani avanti ipotizzando che il Falcon Heavy non raggiunga l'orbita di Marte e che si distrugga «sperabilmente abbastanza lontano dal pad da non danneggiarlo». Una delle ragioni, questa, del fatto che a bordo non ci siano né satelliti né tecnologie sofisticate per condurre esperimenti né tanto meno umani.

Se invece tutto andrà secondo le migliori intenzioni, Falcon Heavy potrà iniziare quasi immediatamente la sua «carriera» da missile commerciale per il trasporto di attrezzature e di uomini. Alcune missioni sono state già prenotate da aspiranti clienti fiduciosi e anzi ansiosi: la Nasa, da cui Musk ha affittato per 20 anni Cape Canaveral, ha infatti pensionato gli Shuttle e quindi gli americani al momento devono chiedere un passaggio (a caro prezzo economico e morale) ai Soyuz russi per far viaggiare negli spazi uomini e cose. Ma un giorno non troppo lontano potrebbero arrivare anche richieste da passeggeri con trolley.

E allora Bowie canterebbe Absolute Beginners.

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