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Canada, l'inchiesta della radio pubblica: "In Quebec lavorano troppi bianchi"

Un reportage della Canadian Broadcasting Corporation, finanziata con fondi pubblici, ha denunciato che negli uffici pubblici del Quebec lavorano "troppi bianchi". "Sono sovrarappresentati nella forza lavoro del settore pubblico"

Canada, l'inchiesta della radio pubblica: "In Quebec lavorano troppi bianchi"

Negli ultimi anni, il Canada ha certamente fatto parlare di sé per essere diventato il regno del politicamente corretto. L'ultima, in questo senso, è l'uscita del primo ministro Justin Trudeau che pur di evitare di utilizzare la parola "mankind" - troppo virile usare il "man" - ha bloccato una donna che usava quella parola e ha voluto utilizzare un termine diverso, gender-free e cioè "peoplekind". Ma questa è solo l'ennesima trovata di un Paese che, sotto la guida del giovane rampollo della famiglia Trudeau, sta assumendo caratteristiche a volte addirittura comiche per aver virato verso una deriva non di uguaglianza, ma di vera e propria ossessione verso ogni cosa che possa indicare un minimo senso di differenza fra essere umani. Insomma, nel Canada del terzo millennio sembra proprio che essere diversi l'uno dall'altro sia un problema ed è opportuno che tutto sia perfettamente uguale fra le diverse componenti del Paese, anche se nessuno considera questa battaglia come qualcosa di estremamente rilevante. E per questo è opportuno livellare qualsiasi cosa non in base ai meriti, come dovrebbe essere, ma in base alla semplice appartenenza sessuale ed etnica.

Il livellamento, ovviamente, deve esserci anche nel lavoro. Ed è così che nasce il reportage della Canadian Broadcasting Corporation (CBC), nota nel Canada francese come Société Radio-Canada, dal titolo abbastanza discutibile: "I dipendenti del settore pubblico del Québec sono troppo bianchi". Secondo il reporter che ha svolto l'inchiesta per la radio pubblica canadese, "anche se un milione di Quebecker sono minoranze visibili - così vengono definite dall'autore -, non sono rappresentati abbastanza nei ministeri e negli enti pubblici della provincia". Secondo quanto deciso con la "Loi sur l'accès à l’égalité en emploi dans des organismes publics" - per gli anglofoni "act respecting equal access to employment in public bodies" - la Commissione per i diritti umani fissa periodicamente degli obiettivi di assunzione di forza lavoro per ogni minoranza e per ciascun ente pubblico. Il tutto secondo criteri specifici che variano in base alla regione o alla città di riferimento e a seconda del numero dei componenti di ogni minoranza. Questo per garantire che ogni etnia o sesso abbia un numero proporzionato di dipendenti pubblici.

In questo sistema di livellamento obbligatorio di tutte le minoranze, il Québec, per Radio-Canada, ha un problema molto serio: troppi bianchi. L'autore del rapporto, Thomas Gerbet, elenca, infatti, diverse società di proprietà pubblica che non rispettano i parametri di uguaglianza e dove esistono percentuali troppo alte di "uomini bianchi" rispetto al numero reale all'interno della popolazione. Un "problema" che accomuna tutti i settori dove è presente lo Stato, dalla società pubblica di liquori fino alla sanità, alle commissioni scolastiche, alla polizia. La polizia di Montreal (SPVM), come ricordato dall'indagine, ha il 14,5% delle "minoranze visibili" tra il personale di polizia e amministrativo, ma "siamo ancora lontani dal 34% della popolazione della città di Montreal”. Denuncia cui ha risposto, in maniera molto più egualitaria, la portavoce della polizia che ha detto: "Tutte le donne e le minoranze visibili, etniche o native che hanno successo nel nostro processo di selezione, vengono assunte". Un modo molto semplice per ricordare che l'uguaglianza si basa sul merito e non sulla diversità di genere o di pelle.

Ovviamente non poteva che essere il Québec la regione obiettivo di questa campagna, dal momento che, nell'ultimo anno, è stata la meta principale dell'immigrazione in Canada, dopo che molti stranieri dagli Stati Uniti hanno superato il confine per giungere nella terra promessa di Trudeau. Il primo ministro canadese ha promesso durante la campagna elettorale l'apertura dei confini e una massiccia accoglienza di immigrati, ricordando in questo Angela Merkel durante il periodo in cui aveva aperto le porte della Germania ai milioni di rifugiati.

Sennonché, proprio come la sua collega, anche Trudeau, pochi mesi dopo l'avvio della politica delle porte aperte, è stato costretto a rivedere le sue politiche per riadattarle sull'elettorato canadese, non propriamente incline a un'accoglienza smisurata e incontrollata.

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