Economia

Le Borse risalgono ma i nodi restano

Riscatto dell'Europa: Milano +2,8%. Wall Street incerta dopo il recupero di martedì

Le Borse risalgono ma i nodi restano

Tanto rumore per nulla? Domanda che parrebbe legittima anche a un marziano piombato sulla terra con la missione di raccontare cosa sta succedendo sui mercati. Il nostro alieno, in appena una manciata di giorni, ha visto di tutto: prima le Borse in gramaglie, impegnate a celebrare il funerale al Toro con This is the end dei Doors come colonna sonora; poi, come se niente fosse successo, rimettersi il doppiopetto della festa per un rimbalzo corale. Tutti i timori legati a una Federal Reserve più aggressiva delle attese sembrano essere di colpo svaniti, almeno a giudicare dalla risalita di ieri a palloncino degli indici e dallo stemperarsi delle tensioni sul Vix .

È un tentativo di ritorno alla normalità che dovrà essere meglio valutato nei prossimi giorni, per poterne testare la tenuta. Per ora, meglio limitarsi alle cifre. Che raccontano il recupero dell'Europa, con Milano in maglia rosa (2,86%) e gli altri listini che hanno oscillato tra l'1,6% di Francoforte e l'1,9% di Londra, e la tenuta di Wall Street (+0,3% a un'ora dalla chiusura) dopo il colpo di reni di martedì sera. Più contrasta, invece, le Borse asiatiche. Ora, dare un chiave interpretativa a un comportamento così schizofrenico è più complicato del cubo di Rubik. Dopo le cifre, è dunque meglio limitarsi ai fatti che in qualche modo potrebbero aver agevolato la risalita. Escludendo da subito, come fattore corroborante, il tweet con cui Donald Trump ha tirato le orecchie ai mercati rompendo un silenzio durato giorni ai mercati: «Ai vecchi tempi, quando c'erano buone notizie, la Borsa saliva. Oggi, con le buone notizie, la Borsa va giù. Grosso errore, e abbiamo così tante buone (grandi) notizie sull'economia!».

Il problema è che i vecchi tempi sono ormai andati, definitivamente tramontati con l'invasività crescente delle banche centrali. È stato infatti probabilmente l'intervento coordinato di ben quattro governatori della Fed, in veste di pompieri, a rassicurare i mercati. Il presidente della Fed di Dallas, Robert Kaplan, ha detto che l'aumento dei salari non è detto che faccia salire l'inflazione. Proprio la pressione inflattiva è uno dei principali timori di Wall Street visto che, secondo alcuni, potrebbe spingere l'istituto di Washington a essere più aggressivo del previsto in materia di tassi. Stessa musica da James Bullard (St. Louis): «Mi permetto di non interpretare le buone notizie provenienti dai mercati del lavoro come se dovessimo tradurle direttamente in un'inflazione più alta». William Dudley (New York) ha invece spiegato che le vendite recenti nell'azionario non sono state tali da alterare il suo outlook dell'economia Usa. Ancora più colomba Charles Evans (Chicago), che preferirebbe tenere il costo del denaro invariato fino alla metà dell'anno.

Insomma, tutto bene? Pericolo scampato? Non proprio.

Basta ascoltare le parole del miliardario Carl Ichan, che punta il dito contro i prodotti finanziari esoterici: tutti questi Etn ed Etf, ha detto in un'intervista alla Cnbc, sono un «casinò trattato con steroidi», «la faglia» che alla fine provocherà un terremoto a Wall Street «probabilmente anche peggio del 1929».

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