Cronache

Ma la complessità richiede del tempo

Ma la complessità richiede del tempo

L'omelia non è un gioco. E quindi è giusto che duri non poco. L'omelia è il cuore della messa. È il momento più alto per un credente. Un credente vero, che non sbircia l'orologio o il telefonino. Perché, per chi ci crede davvero, la Santa messa è il momento in cui si ha la possibilità di capire davvero il messaggio contenuto nelle Sacre scritture. Che non sempre è facile, a la carte. Anzi, il più delle volte è molto complesso, a volte persino controintuitivo. Certo, dovrebbero essere «ben preparate» come dice Papa Francesco. Quanto c'è del Gesù uomo nel rifiuto del «calice amaro»? Difficile spiegarlo in cinque minuti, soprattutto perché il sacerdote che celebra deve essere bravo a condensare il ragionamento in 10 minuti, il termine temporale in cui la soglia dell'attenzione resta alta. A Milano, tanto per fare qualche esempio, c'è il domenicano don Marco Rainini che nella messa domenicale a Santa Maria delle Grazie ha più volte regalato delle splendide suggestioni. Si capisce che è dell'ordine dei predicatori (e di quelli maniacali) dall'agendina nera che colloca sotto il microfono. In mezzo don Marco è capace di piazzare un filosofo tedesco dell'800 o i Pink Floyd. Una volta ha spiegato perché il vangelo di Marco è diverso dagli altri due vangeli sinottici. E perché chi scrive ha meno timore reverenziale di Matteo e Luca nei confronti di Gesù. E infatti solo nel suo vangelo Gesù si arrabbia con gli apostoli, è turbato, è nervoso. E anche gli apostoli appaiono spauriti, gelosi tra di loro. Semplicemente, uomini. Sfumature che solo un bravo sacerdote è in grado di spiegare in modo che ti restino fissati per sempre. Nella chiesa di San Cristoforo sul Naviglio grande, per fare un altro esempio, le omelie di don Pierluigi Lia sono seguitissime. Ci sono giovani con quaderno e appunti o registratore acceso per non perdere nessun passaggio, chi ci è stato dice che le sue omelie sono vere e proprie lezioni di filosofia e teologia, con passaggi di Dante e versi di De Andrè.

Ed è sempre Marco a raccontare la prima omelia di Gesù a Cafàrnao e a spiegarne il segreto: «Egli insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi».

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