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Ecco il saggio per comprendere la ferocia dei miliziani di Tito

«Foibe» documenta con precisione la pulizia etnica anti italiana

Ecco il saggio per comprendere la ferocia dei miliziani di Tito

Le violenze compiute dai partigiani titini in Istria, Dalmazia, e in molte altre zone della Venezia Giulia sono state a lungo ignorate dalla storiografia. Quando sono tornate a essere oggetto di discussione, anche perché le violente pulizie etniche dei conflitti nella ex Jugoslavia hanno reso impossibile ignorare i precedenti, il tema è stato rapidamente politicizzato. Le formazioni politiche vicine al mondo comunista hanno spesso cercato di minimizzare ciò che per anni avevano contribuito a nascondere sotto il tappeto. Quelle di destra hanno cercato di «monetizzare» politicamente il proprio merito di aver lottato per mantenere in vita il ricordo di ciò che era toccato in sorte a questi italiani scomodi, di confine.

Esiste invece la necessità di una indagine degli eventi rigorosa e il meno possibile di parte. Ecco perché da oggi troverete in edicola con il Giornale il saggio scritto da Raoul Pupo e Roberto Spazzali: Foibe (pagg. 254, euro 8,50 più il prezzo del quotidiano). Il volume inquadra con chiarezza, mettendo a disposizione del lettore i fatti, anche con un gran numero di documenti. E con le parole, proprio a partire da «Foibe». Inutili le discussioni su quante siano state le persone realmente gettate nelle cavità carsiche. «Quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a danno di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scatenatesi nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della Venezia Giulia e che nel loro insieme provocarono alcune migliaia di vittime».

È in questo senso ampio che va considerato il dramma commemorato oggi nel Giorno del ricordo. Quelli perpetrati sul bordo degli inghiottitoi carsici sono solo alcuni degli eccidi perpetrati. Ciò ha contribuito a rendere particolarmente sterile il dibattito sul numero degli uccisi. Più interessante è riflettere su quale fu la metodica delle violenze, concentrate soprattutto nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945. Le violenze furono caratterizzate da un preciso odio etnico. Le vittime non furono soltanto esponenti del regime fascista, come spesso è stato detto da parte jugoslava. Come spiegano Pupo e Spazzali, già subito dopo l'8 settembre «vennero fatti sparire i rappresentanti dello Stato, come podestà, segretari e messi comunali, carabinieri, guardie campestri, esattori delle tasse e ufficiali postali». Una precisa volontà di «spazzare via chiunque ricordasse l'amministrazione italiana». Poi la strage si estese ai possidenti terrieri e anche ai partigiani italiani non disposti a farsi assimilare.

I dati sono anche più chiari per la primavera del 1945. I campi in cui vennero inviati i prigionieri italiani, come quello di Borovnica, erano sostanzialmente strutturati per liquidarne il più possibile. E che di nuovo si trattasse di un preciso piano di occupazione e pulizia etnica lo provano le subitanee e spietate iniziative contro membri dei Cln di Gorizia e Trieste. Uccidere i partigiani italiani che davano segno di autonomia. Se a questa equazione «italiano = fascista» sponsorizzata dall'alto si sommano gli odi personali e lo spazio lasciato alla criminalità comune, si capisce l'entità delle violenze e del terrore che provocarono.

L'ultima parte del libro è poi dedicata specificatamente ai luoghi, con mappe che indicano la collocazione delle foibe.

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