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Salvano migranti naufraghi a Lesbo, ora rischiano 10 anni di carcere

Tre pompieri spagnoli e due attivisti danesi ora rischiano fino a 10 anni di carcere per aver salvato i migranti che dalla Turchia navigavano verso la Grecia: l'accusa è di favorire l'immigrazione clandestina

Salvano migranti naufraghi a Lesbo, ora rischiano 10 anni di carcere

Sono partiti per la Grecia con lo scopo di salvare vite umane. E così hanno fatto, mettendosi in mare per recuperare i migranti naufraghi nei bracci di mare fra le coste turche e l'isola greca di Lesbo.

Eppure adesso tre pompieri spagnoli e due attivisti danesi rischiano di trascorrere ben 10 anni in carcere per un processo tanto imprevisto quanto pericoloso. I fatti risalgono al gennaio di due anni fa, quando i vigili del fuoco Manuel Blanco, Julio Latorre y Quique Rodríguez, partiti da Siviglia alla volta della Grecia, vennero fermati dalla polizia ellenica con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Con loro, fermati al largo mentre tentavano di salvare quanti più migranti possiibili, anche due volontari danesi che hanno condiviso il medesimo destino dei compagni spagnoli.

I cinque compariranno davanti al giudice il prossimo 7 maggio, con sul capo una spada di Damocle assai affilata: se dovesse precipitare, rischiano fino a dieci anni di carcere.

Il loro caso, prevedibilmente, ha scatenato una vera e propria polemica mediatica internazionale, con i cinque che protestano contro quella che definiscono "la criminalizzazione dello sforzo volontario di salvare vite umane". I tre pompieri hanno inviato una petizione alla Commissione Ue sottoscritta da ben 164mila persone per chiedere che non si castighi "chi difende la dignità ed i diritti delle persone più vulnerabili" e che "non si possa sanzionare penalmente le persone che facilitano l'ingresso o il transito non autorizzato di rifugiati o migranti per ragioni umanitarie".

"Potevamo fare di più, non restare a Siviglia e guardare cosa succedeva, ma portare la nostra esperienza e le nostre conoscenze nelle operazioni di riscatto lì, dove c'era bisogno - racconta Blanco - abbiamo visto che c'era bisogno di mani e siamo partiti". Arrivati a Lesbo, ricorda, "abbiamo dato i nostri documenti alle autorità greche e abbiamo collaborato con loro, c'era intesa", anche per questo quando sono stati fermati "non capivamo nulla".

Uno stupore che però non ha impedito loro di finire alla sbarra e di essere incriminati per un capo d'accusa molto serio: secondo l'accusa i cinque avrebbero fatto entrare in Grecia persone sprovviste dei titoli necessari per fare ingresso nel Paese.

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