Economia

In Borsa il Monte fa ancora paura: -5%

Difficile trovare un partner entro il 2019 e i soci privati temono di perdere i loro soldi

In Borsa il Monte fa ancora paura: -5%

Mentre sul sistema bancario sembra essere tornato un po' di sole dopo l'ultima tornata di bilanci annuali, il Monte dei Paschi resta ancora avvolto dalle nuvole. Almeno a giudicare dalla reazione di Piazza Affari ai conti 2017 comunicati venerdì a mercati chiusi dall'ad, Marco Morelli: ieri il titolo Mps ha lasciato sul terreno più del 5% a 3,5 euro. Ben al di sotto dei 4,28 euro di «valutazione prudenziale» fatta a ottobre quando le azioni sono tornate in Borsa e dei 6,49 euro pagati dal Tesoro per ricapitalizzare la banca con un'iniezione di 5,4 miliardi. I risultati 2017 hanno dimostrato che la convalescenza è più lunga del previsto: la perdita netta è stata di 3,5 miliardi ma a preoccupare sono soprattutto i flussi da crediti in bonis a crediti deteriorati che risultano nuovamente raddoppiati rispetto ai trimestri precedenti, così come i flussi da incagli a sofferenze sono a loro volta saliti in modo sensibile.

Più dura lo stallo, più è difficile trovare marito sul mercato. Il Tesoro dovrà uscire dall'azionariato entro il 2021, sulla carta. Il prima possibile, e senza dannose minusvalenze, nei piani di Padoan che per altro è candidato proprio a Siena. Di certo, qualsiasi manovra è congelata e nessuno scoprirà le carte finchè non si saprà chi andrà al governo dopo le elezioni del 4 marzo. E lo scacchiere sarà ancor più chiaro quando a marzo la Bce renderà noto il cosiddetto addendum sullo smaltimento dei crediti deteriorati visto che i singoli istituti dovranno allineare i profili di rischio ai livelli Ue.

Le sirene delle banche d'affari hanno già cominciato a cantare la colonna sonora di un potenziale risiko ma la sala è ancora vuota. Al Forex di Verona l'ad del BancoBpm, Giuseppe Castagna, ha detto di volersi «guardare attorno in vista di necessarie aggregazioni», candidandosi dunque come polo aggregante per il consolidamento invocato dalla Bce, ma «non prima di fine 2019». Gli analisti di Equita di recente avevano ipotizzato una fusione proprio fra Mps e BancoBpm e poi il successivo coinvolgimento di Bper, Creval e infine Carige, capace di sbloccare fino a 754 milioni di sinergie nette. Ma ieri la stessa sim ha detto che per il Montepaschi di nozze si parlerà solo fra un anno. Intanto, di fronte al riaccendersi di vecchi rumors di mercato, Ubi «smentisce categoricamente l'esistenza di dossier e di qualsiasi tipo di negoziazione» con la banca senese.

Se la capitalizzazione di Rocca Salimbeni (ora vale 4,2 miliardi) scenderà ancora, aumenterà il rischio di una soluzione «di sistema» (e non di mercato) assai indigesta per gli attuali soci privati. Come le Generali (al 4,3%) che hanno convertito in azioni i bond acquistati in passato da Mps e vogliono valorizzare l'investimento. «La quota non sarà strategica e avrà una gestione opportunistica», aveva detto lo scorso agosto l'ad del Leone, Philippe Donnet.

Alcuni osservatori continuano, intanto, a scommettere anche su un possibile cambio al timone entro fine anno, senza escludere un passo indietro spontaneo di Morelli che ha completato le misure «di emergenza» del processo di ristrutturazione.

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