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San Valentino "è contrario all'Islam", così il Pakistan lo bandisce

Anche quest'anno il Pakistan bandisce la festa di San Valentino perchè contraria agli insegnamenti dell'Islam

San Valentino "è contrario all'Islam", così il Pakistan lo bandisce

L’amore è un sentimento universale ma San Valentino no. San Valentino è un martire troppo cristiano per incarnare il simbolo dell’amore globale e così, per il secondo anno di fila, domani in Pakistan non si festeggia.

Lo hanno deciso le toghe dell’Alta Corte di Islamabad. Era il 13 febbraio di due anni fa quando il giudice Shaukat Siddiqui ha messo fine al dibattuto incendiario sulla presunta immoralità della festa degli innamorati con il suo verdetto: “Nessun evento si terrà a livello ufficiale e in qualsiasi luogo pubblico”. Così è deciso e così sarà anche quest’anno. E l’autorità che regola le telecomunicazioni Pakistane (Pemra) prende nota e avverte l’intero circuito mediatico che le prescrizioni sono ancora in vigore. Né la carta stampata, né la televisione o la radio potranno fare propaganda anti-islamica domani.

Sì perché è proprio di questo che si sta parlando. D’altronde è nato tutto dal ricorso di un cittadino pakistano che si era rivolto alla Suprema Corte sostenendo che la festa degli innamorati andrebbe “contro gli insegnamenti dell’Islam”. Sull’argomento si era espresso anche il presidente Mamnoon Hussain affermando che “il giorno di San Valentino non ha alcun legame con la nostra cultura e dovrebbe essere evitato”. Cos’altro avrebbero potuto fare i giudici di Islamabad?

San Valentino Pakistan

Padre Nasir Williams, direttore della Commissione per le comunicazioni sociali della diocesi di Islamabad-Rawalpindi, ha spiegato ad AsiaNews che “il bando è l’ultimo esempio di ignoranza. Nel nostro Paese la libertà di pensiero è già limitata”. Il ban è stato salutato con entusiasmo dal partito talebano “Jamiat Ulema-e-Islam” e dalle frange più conservatrici della popolazione che da sempre osteggiano la ricorrenza e chi la difende. Nel 2015 la attivista Sabeen Mahmud era a Karachi, a bordo dell’auto che l’avrebbe condotta a casa, quando è stata freddata da un fanatico proprio per aver criticato pubblicamente i tentativi di censura della festività. Ma non tutti si arrendono ai divieti e alla paura, e le ragioni sono diverse. Per commercianti di fiori e gadget è questione di business, per i giovani è un grido di libertà.

“Io festeggerò comunque”, ha confidato alla Reuters un studente di ventuno anni: “È una mia scelta”.

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