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Così il sindaco dem di Bologna finanzia chi pesta i poliziotti

Merola prende le distanze dai violenti, ma la giunta concede aiuti e immobili. Ecco la galassia antagonista

Così il sindaco dem di Bologna finanzia chi pesta i poliziotti

T roppo facile prendere le distanze una volta fatta la frittata. Virginio Merola, sindaco Pd di Bologna, dopo le violenze degli antagonisti si è affrettato di definire «ridicola» l'etichetta «antifascista» con cui i manifestanti hanno caricato le forze dell'ordine. Peccato che i distinguo facciano a pugni con l'ambiguità con cui l'amministrazione comunale bolognese da anni coccola i centri sociali.

Solo tre giorni prima degli scontri di venerdì, per esempio, la giunta piddina ha rinnovato la concessione di un immobile alle associazioni «Ya Basta!» e «Atash», realtà afferenti al centro sociale Tpo, in prima linea per impedire il comizio di Forza Nuova. Non c'è da stupirsi. In fondo il Comune sopporta o supporta tutte le altre realtà antagoniste scese in piazza. A partire dall'XM24, centrale organizzativa per No Tav, da 15 anni padrone di uno stabile concesso dalla giunta Pd. La convenzione è scaduta a giugno e ora sono abusivi, ma il sindaco ha rimandato lo sgombero a novembre preferendo il «confronto». Ovviamente gli attivisti sono ancora lì. Simile il caso di Labàs: il «collettivo politico» l'anno scorso è stato sfrattato da un'ex caserma occupata da 5 anni. Qualche settimana dopo, però, l'amministrazione ha emesso un bando con cui Làbas si è aggiudicato la gestione di una struttura da cui portare avanti le sue battaglie. Tra cui il sit-in in Piazza Verdi di due anni fa, quando blindarono una piazza con balle di fieno contro Salvini.

Tra i manifestanti c'erano anche gli attivisti del Vag61. Cacciati su richiesta dei Monopoli di Stato, in poche settimane trovarono grazie al Comune un edificio tutto per loro. È probabile otterrà una sistemazione pure il «Laboratorio Crash», visto che dopo lo sgombero di agosto l'assessore si è impegnato a trovare un'alternativa. E pensare che è proprio da lì che è partito Lorenzo Canti, uno dei tre arrestati per il pestaggio del carabiniere a Piacenza. Si tratta di un antagonista collegato anche a «Guernica», lo stesso collettivo modenese a cui nel 2016 vennero notificate 11 misure cautelari per gli scontri nello sgombero di un'ex caserma.

Guerriglia, lacrimogeni, bottiglie e bombe carta. Il copione si ripete da nord a sud a ogni ricorrenza, evento, summit o semplice sgombero. Nella galassia dell'antagonismo composta da centinaia di sigle in tutta Italia, sotto la lente forze ordine ci sono 11 centri in Lombardia, 7 in Piemonte, 12 in Veneto e altrettanti in Emilia, 10 in Toscana, 4 in Puglia, 20 in Campania, 3 in Sicilia. La città rossa di Merola è anche il feudo del collettivo Hobo, quello della campagna violenta contro il docente di Scienze politiche Angelo Panebianco. Due giorni fa prima di scendere in piazza ha fatto irruzione in consiglio comunale, dove sono rimasti contusi altri due vigili. Nel nome dell'antifascismo e dell'antirazzismo a Padova i centri sociali hanno inaugurato vere e proprie ronde che però hanno già lasciato sul loro percorso dei contusi: «Facciamo semplici passeggiate contro fenomeni razzisti». La formazione antagonista qui è composta dal centro sociale Pedro, da Bios lab e Gramigna. Un attivista riconducibile a quest'ultimo era finito tra i 39 denunciati per gli scontri alla festa dell'unità di Catania nel 2016: tra le accuse, resistenza a pubblico ufficiale aggravata dall'uso di armi e corpi contundenti. Nel corteo anti renziano erano confluiti sodalizi antagonisti etnei quali Adelph, «ExKarcere», «Anomalia» di Palermo, «Rialzo» di Cosenza e «Insurgencia» di Napoli. Che raggruppa universitari, precari, e due consiglieri comunali della lista di Luigi de Magistris. Nella città partenopea ci sono anche i collettivi di «Generazione ribelle» e il Movimento «Magnammoce o persone», per il diritto all'abitare. Proprio sotto le bandiere della lotta alla casa si nascondono frange già protagoniste di sgomberi come quello di via Curtatone a Roma nel settembre scorso, o del quartiere Montagnola con membri di «Action». Poi ci sono gli affiliati sotto il cartello dei «no alle grandi opere»: No tav, No tap, No grandi Navi. Formazioni trasversali. A ottobre scorso uno dei leader del centro torinese Askatasuna ed esponente No Tav venne stato arrestato per la protesta anti-G7 alla reggia di Venaria Reale.

L'accusa? Aver picchiato un poliziotto, procurandogli delle ferite guaribili in più di 40 giorni.

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