Elezioni Politiche 2018

Bugie, reati e indagati: manicomio M5s

Il pesce puzza dalla testa e difatti tutto principia da Beppe Grillo: condannato nel 1985 per omicidio colposo in seguito a un incidente stradale

Bugie, reati e indagati: manicomio M5s

Ci sono un paio di condannati per omicidio colposo, una manciata di sindaci a giudizio per falso ideologico, un altro che legittimamente si può definire evasore, due maneschi e una dozzina di trafficanti di scontrini e ricevute. Cosa fanno tutti insieme? Il Movimento 5 Stelle. Sembra una barzelletta, ma non lo è. Anche se spesso - di fronte a questo carnevale elettorale - scappa proprio da ridere. I duri e puri, gli sventolatori di manette, stanno ormai collezionando qualsiasi genere di imputazione: penale, civile e diremmo pure morale, se indossassimo per una volta i loro occhiali giustizialisti.
Il pesce puzza dalla testa e difatti tutto principia da Beppe Grillo: condannato nel 1985 per omicidio colposo in seguito a un incidente stradale. Via, spuntato l'omicida dal codice penale. Ma il capocomico, come abbiamo scritto ieri, può anche essere definito - per sentenza - evasore. E abbiamo smarcato il secondo reato. Ma Beppe è in buona compagnia. Condannato per omicidio colposo è anche il candidato pentastellato in Piemonte Pino Masciari.
A discendere è tutta un'umanità varia di furbetti, maneggioni o incompetenti. Nella migliore delle ipotesi. La sindaca Chiara Appendino è indagata per omicidio colposo, lesioni colpose, disastro colposo e pure per falso ideologico. Le fanno compagnia Virginia Raggi (indagata per abuso d'ufficio e rinviata a giudizio per falso ideologico) e il primo cittadino di Livorno Filippo Nogarin (abuso d'ufficio e concorso in omicidio colposo). Di fronte a loro il povero Di Maio, indagato solo per diffamazione, pare un mesto chierichetto. Si salva in corner solo perché non esiste il reato di stupro del congiuntivo.
E poi c'è tutta la caleidoscopica galassia di deputati e candidati. Ultimo in ordine di tempo il capitano De Falco, che dal mitologico «Vada a bordo, cazzo!» sembra essere passato ai cazzotti in famiglia. Non manca neppure il candidato scroccone Emanuele Dessì: che ha ammesso candidamente di pagare 7 euro e 70 centesimi di affitto mensile per la sua casa popolare. Novantatrè euro l'anno. Come una notte in un hotel tre stelle, due in meno del partito per il quale è in lista. Dopo lo scroccone c'è la spendacciona sotto scacco dell'ex. Giulia Sarti, infatti, ha incolpato il suo compagno per la mancata restituzione di 23mila euro di rimborsi, il quale - come in una puntata di Beautiful - si è precipitato in procura per dire che lui non c'entra nulla e ha le prove perché registra tutto, telefonate comprese. Tutto segretato dai giudici, per amor di patria e buon gusto.
E ci sono anche i mezzi furbetti, quelli che facevano il bonifico e poi lo cancellavano, quelli che facevano incetta di scontrini per giustificare le spese. Smarcata anche la casella degli arruffoni, come Marta Grande, che dopo non aver rendicontato nulla per un anno intero ha deciso di farlo in una volta sola: 7mila euro di alberghi ad agosto. Ad agosto. Quando il Parlamento è chiuso. Geniale.
Di livello superiore Ivan Della Valle che, dopo essere scappato in Marocco come in un film di Salvatores, ha confessato di aver taroccato i bonifici con Photoshop. Dimostrando, se non altro, di avere una certa perizia nella contraffazione informatica. Ci manca solo quello che dice che non ha le ricevute dei bonifici perché gliele ha mangiate il cane. Ma da qui alle elezioni ci sono ancora due settimane.

Se questa è la trasparenza a Cinque Stelle, beh, allora è meglio chiudere il sipario su questo spettacolo indecoroso.

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