Cronache

I cavalli da gara scampano al mattatoio

Basta macello per metà degli animali eliminati. Ma i problemi restano

I cavalli da gara scampano al mattatoio

«Non destinato alla produzione alimentare». Un'etichetta obbligatoria, come il Dop o come il Doc, da applicare all'equino, e il destino delle migliaia di cavalli che ogni anno escono dalle gare e dai circuiti ippici per finire al mattatoio, cambierà da un giorno all'altro. Per ronzini a fine carriera e Hickstead mancati finita la corsa non si cadrà più riciclati sul piatto come carne alla piastra. Lo ha deciso la Federazione italiana sport equestri, rendendo operativo il nuovo regolamento di categoria, e arrivarci è stata una corsa a ostacoli continua tra cavalieri imbizzarriti, animalisti sul piede di guerra e allevatori dagli umori di traverso.

Il presidente della Fise Marco Di Paola ne fa da mesi un discorso di principio: il cavallo che fa sport, ma anche quello da maneggio, va tutelato più e meglio degli altri. Ma si sa come vanno le cose in federazioni complicate, i presidenti di dopo cancellano le decisioni dei presidenti di prima, senza contare le mani che ci mettono i commissari, la burocrazia e i disastri che combinano i buchi legislativi. Secondo il presidente di adesso, se si escludono i cavalli già certificati come «non da macello», due su dieci sono registrati sono Dpa. Ma con la decisione di ieri non ci saranno più figli e figliastri o distinzioni di età. Sperando che anche i gemelli diversi dell'ippica scelgano la stessa strada.

Si capiscono di più i motivi della cosa se si considera che il macello risolve, per esempio, il problema degli allevatori: cosa farsene di un esemplare allevato per essere un campione e rivelatosi bidone se non avviarlo a produrre bistecche? In teoria, il fattore dovrebbe mantenerlo fino alla fine dei suoi giorni ma praticamente nessuno lo fa. La Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana aveva chiesto prudenza, se non proprio un ripensamento, e invitato la federazione a fare come all'estero dove non c'è distinzione tra «Ndop» e «Dop» in chi gareggia, in modo da lasciare agli allevatori un piano B. Ma niente. Semmai il problema è sanitario: come accettare che un cavallo contaminato dai farmaci assunti durante la sua carriera sportiva non finisca sul piatto del consumatore?

L'Italia, giurano le statistiche, è il Paese europeo che macella più cavalli, anche se quanti è ancora tutto da decidere visto che i controlli non sembrano accuratissimi. Secondo il Ministero della Salute, sarebbero stati macellati 50.123 esemplari, l'Istat invece dice 42.793. Di certo si sa che più o meno la metà provengono dall'estero e che i cavalli allevati al solo scopo di macellazione sono poche migliaia l'anno. Morale: i cavalli che provengono dai circuiti ippico-equestri che finiscono al mattatoio sono tra i 15.000 e i 25.000. Non una cosa da poco.

Ma difficile dire se adesso finalmente siamo a cavallo.

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